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#Signoraeconomia: se la cura manda avanti l’economia

di Giovanna Badalassi e Federica Gentile | 17 Settembre 2024

“D’altronde, se mettere al mondo e allevare prole ha un valore umano inestimabile, volete che non ne abbia uno anche economico, considerato che un giorno questa prole guadagnerà e spenderà?” (Signora economia, p. 37)

Nel nostro libro “Signora economia- Guida femminista al capitale delle donne ” che esce il 18 settembre 2024, e che trovate in libreria e anche qui, avevamo tantissimo da dire (e da scrivere) e quindi  approfittiamo del lancio del libro per approfondire con una serie di post alcuni argomenti per noi importanti. Iniziamo quindi sa una domanda fondamentale: che cosa sarebbe successo se Adam Smith avesse dato una risposta diversa alla domanda su chi gli metteva a tavola la cena tutti i giorni?

Avremmo probabilmente un’economia diversa, che valorizzerebbe tutto il lavoro di cura pagato e non pagato, che, soprattutto dopo il Covid, abbiamo “scoperto” come il più  importante.

Già nel 2016, Katrine Marçal, nel suo libro “I conti con le donne” – si era chiesta chi cucinasse la cena ad Adam Smith, padre dell’economia moderna, per procedere ad un’analisi profonda e avvincente della nostra economia e di come le donne, il corpo e la cura, ne siano sistematicamente state escluse.Adam Smith – un giorno si chiese come il cibo gli arrivasse sulla tavola e si diede una risposta – fatale per l’economia e per il nostro futuro:

“Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio, che noi ci aspettiamo la nostra cena, ma dal loro rispetto nei confronti del loro stesso interesse. Noi ci rivolgiamo, non alla loro umanità ma al loro amor proprio, e non parliamo loro delle nostre necessità ma della loro convenienza.”

Ed ecco servito il principio che domina l’economia e anche la società secondo Smith e molti altri dopo di lui: l’interesse personale, il profitto.
E così la mamma di Adam Smith,  Margaret Douglas, che si è presa cura di lui tutta la vita cucinandogli pranzi e cene, presumibilmente facendogli il bucato e rammendandogli calzini, è stata cancellata dall’economia. Quale era la sua motivazione? L’amore, probabilmente; ma l’amore non c’entra con l’economia.

Da allora in poi, al centro della dottrina economica secondo la Marçal è stato messo l’homo oeconomics, vale a dire il figliolino adorato di Adam Smith e di una nutrita schiera di economisti dopo di lui. L’homo oeconomicus è un uomo che agisce motivato solo dal suo interesse ed egoismo, completamente razionale, libero e soprattutto – cosa fondamentale se bisogna basarci una intera scienza su – prevedibile.

Ma attenzione: se l’uomo avido ed egoista piace(va) agli economisti, la donna molto meno – noi siamo a quanto pare per natura votate al sacrificio e da qui ne discende, che sorry, ma l’economia non è proprio il vostro mondo, care donne.

E quindi – conclude la Marçal – la caratteristica fondamentale dell’homo oeconomicus è proprio il fatto di non essere una donna. E da allora in poi, con vaie vicissitudini, anche “se la parola economia deriva da oikos, che significa casa, gli economisti sono stati a lungo indifferenti a ciò che  accade a casa. La natura votata al sacrificio delle donne le legava alla sfera privata, e quindi la donna non era economicamente rilevante”.

Il lavoro di cura e domestico essendo per sua natura ciclico e non producendo niente di tangibile non era e non è considerato una “vera” attività economica. Eppure, come vi raccontiamo nel nostro libro Signora Economia – Guida femminista al capitale delle donne, su questa economia “nascosta” si regge il sistema produttivo, e ha anche un valore economico rilevante: 

Da una differente prospettiva, alcuni studi ci aiutano poi a farci un’idea di quanto vale a livello generale il lavoro di cura. Secondo uno studio di Oxfam del 2020, ad esempio, arriverebbe a 10.800 miliardi di dollari Usa a livello globale, una cifra che equivale a tre volte tutto il settore tecnologico del mondo.

Si tratta, quindi, di una quantità enorme di lavoro di cura, svolto gratuitamente, una fatica che va in qualche modo valorizzata, riconosciuta e, come vedremo, ridistribuita.”

Della centralità del lavoro di cura peraltro si è  anche occupata negli anni ‘70 la campagna Wages for Housework (Stipendi per il lavoro domestico) che insisteva sul fatto che tutte le donne, svolgendo la maggior parte del lavoro domestico e di cura non pagato, erano lavoratrici che sostenevano con il loro lavoro il capitalismo, e che quindi la sfera domestica è un luogo di lavoro. Richiedere uno stipendio per questo lavoro sottolineava che in quanto lavoro (e non la conseguenza di una “naturale” inclinazione delle donne alla cura),  le sue condizioni potessero essere combattute e anche rifiutate. 

Sarebbe quindi ora di lavorare per un’ economia diversa, un’economia  che valorizzi e metta al centro la cura e  le persone, che accetti ch  oltre ad una mente abbiamo un corpo,  che  dipendiamo dalle altre persone, e, soprattutto, che non basta “aggiungere” le donne all’economia senza cambiarla profondamente.

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Foto: “Capitalism Also Depends On Domestic Labour,” United Kingdom, 1975 – Red Women’s Workshop