Nel nostro libro “Signora economia- Guida femminista al capitale delle donne ” uscito il 18 settembre 2024, e che trovate in libreria e anche qui, avevamo tantissimo da dire (e da scrivere) e quindi approfittiamo del lancio del libro per approfondire con una serie di post alcuni argomenti per noi importanti. Oggi parliamo infatti del divario di genere nei salari.
Il 15 novembre è stato “celebrato” l’Equal Pay Day in Europa: il giorno in cui viene gentilmente comunicato alle donne europee che da qui in poi si lavora gratis.
Detto diversamente: in Europa il gender pay gap (divario di genere nei salari) è del 12,7%, quindi per ogni euro guadagnato dagli uomini, le donne guadagnano circa 87 centesimi. Questo divario equivale a una differenza di circa un mese e mezzo di stipendio all’anno. E se la situazione non appare rosea in Europa, anche il dato italiano (4,3%) che sembra per una volta positivo in realtà non lo è poi molto, come vi spieghiamo nel nostro libro:
È stato infatti osservato che le poche opportunità lavorative per le donne in Italia fanno sì che trovino lavoro, in proporzione, quelle più istruite e con maggiore potere negoziale. Vi è inoltre una forte differenza tra il gender pay gap del settore pubblico (4,7%), dove le griglie salariali sono applicate senza differenze, e quello del settore privato (15,4%), dove c’è un maggiore margine di discrezionalità (p. 51).
Che cosa ci racconta il gender pay gap? Principalmente che le donne lavorano in settori meno remunerati, lavorano un numero minore di ore dei colleghi uomini (grazie al maggior carico di lavoro domestico e di cura), e devono affrontare stereotipi di genere che le vedono come perenni ospiti nel mercato del lavoro.
Se i dati non sono incoraggianti, ci incoraggia invece l’esempio della Spagna, che nel corso di un decennio, dal 2012 al 2022, ha diminuito il gap di genere nei salari dal 18,7% all’8,7%, con una performance migliore di quella della UE.
Come ha fatto? Secondo l’articolo Inside Spain’s equal pay revolution, un fattore determinante è stato l’aumento del salario minimo da 735 euro al mese nel 2018 a 1.080 euro nel 2021. Questo aumento ha avvantaggiato soprattutto le donne che sono sovrrappresentate tra i lavoratori e le lavoratrici che lavorano al salario minimo e “Anche i cambiamenti demografici hanno avuto un impatto, con molte donne anziane che vanno in pensione e giovani donne altamente istruite che entrano nel mercato del lavoro direttamente in posizioni pagate meglio: il 54% delle giovani donne spagnole ha un titolo di studio superiore rispetto al 45% dei giovani uomini”.
Questa conquista, continua l’articolo, è stata determinata anche dalla mobilitazione delle femministe spagnole, che hanno mantenuta viva l’attenzione sul divario di genere nei salari.
Hanno contribuito al progresso della Spagna anche delle leggi che prevedono che le aziende, indipendentemente dalle dimensioni, debbano tenere un registro degli stipendi, categorizzato per professione e genere. Alle aziende con 50 o più dipendenti è richiesto inoltre di creare un piano di parità e di giustificare eventuali gap di genere nei salari uguali o superiori al 25%.
Un altro fattore che ha promosso nel corso del tempo la diminuzione del divario di genere nei salari è il cambiamento del sistema scolastico che ha permesso di anticipare l’iscrizione a scuola di bambini e bambine, consentendo quindi alle madri di tornare prima al lavoro.
Proprio la cura viene identificata anche dalla Commissione europea come una barriera significativa per l’uguaglianza di genere nel mercato del lavoro e quindi per il raggiungimento della parità dei salari:
“Con il 90% della forza lavoro formale nell’assistenza composta da donne e 7,7 milioni di donne senza lavoro a causa di servizi di assistenza insufficienti, la Commissione esorta gli Stati membri a investire in assistenza di alta qualità, conveniente e accessibile, come delineato nella strategia europea per l’assistenza.”
La centralità della cura come fattore che influenza il gap di genere nei salari è confermata dal fatto che
Il gender pay gap è minore per le lavoratrici più giovani e comincia ad aumentare dai 35 anni in su, quando devono far fronte a maternità e a maggiori carichi di lavoro familiare (indipendentemente dalla presenza di prole) […] (p. 52)
Il divario di genere nei salari non danneggia solo le donne, ma tutta l’economia: in Italia
[s]e si eliminasse o anche solo diminuisse il divario retributivo tra uomini e donne avremmo, oltre a un effetto positivo sull’uguaglianza di genere e una diminuzione della povertà delle donne, un effetto positivo sull’economia: ogni punto percentuale recuperato corrisponderebbe a un aumento del Pil dello 0,1%. (p. 52)
Quindi diminuire il divario di genere nei salari è una questione innanzitutto di rispetto dei diritti delle donne ma potrebbe anche avere delle ricadute economiche significative. La Spagna ci ha dimostrato che si può fare, senza bacchetta magica ma con politiche e leggi ad hoc.
Che cosa stiamo aspettando, esattamente?
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