×

La #CostituzioneDelleDonne Articolo 41: L’imprenditoria delle donne

di Giovanna Badalassi | 22 Maggio 2019

L’articolo 41 della Costituzione è dedicato all’iniziativa economica, ed è articolato in tre commi. Il primo dichiara che “L’iniziativa economica privata è libera”. Ancora una volta, quindi, i padri e le madri costituenti evocano il principio di libertà, in questo caso declinato sull’iniziativa economica, dopo che il fascismo ne aveva certo compromesso l’espressione pure in questo campo.

Il comma 2 però, pone dei limiti alla libertà di iniziativa economica privata, che si può esprimere solo finché non danneggi gli altri: “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Il terzo comma, infine, definisce l’area di intervento del soggetto pubblico: “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

Se l’articolo 41 definisce quindi l’iniziativa economica privata per tutti i cittadini della Repubblica occorre chiederci, dal punto di vista sostanziale, quanto nei fatti anche le donne godano di questa libertà, soprattutto nella sua massima espressione che è quella imprenditoriale.

Anche la storia dell’imprenditoria femminile in Italia va infatti di pari passo con quello che è stato il percorso dell’emancipazione delle donne nel nostro paese.

Certamente nel passato le donne hanno infatti sempre lavorato per quanto è stato loro concesso, spesso mostrando notevole spirito d’iniziativa. Le forme con le quali la loro intraprendenza si è sviluppata sono però state condizionate dal loro ruolo nella famiglia e nella società.

Bisogna ricordare ad esempio il ruolo delle donne in quell’imprenditoria familiare che tanta parte ha avuto nello sviluppo economico dell’Italia, assumendo quasi sempre un ruolo apparentemente di “supporto” e di “sostegno”, coerente con lo stereotipo familiare nel quale erano costrette, spesso anche in conflitto con una realtà nella quale esprimevano di fatto le proprie capacità ma pur sempre in modo formalmente subalterno. In alcuni casi nei quali ereditavano le attività o erano chiamate a sostituire mariti, padri o fratelli che venivano a mancare, le donne riuscivano però spesso a riappropriarsi del valore del proprio impegno, ma pur sempre in contesti sociali che penalizzavano figure femminili imprenditoriali troppo autonome, autoritarie o indipendenti.

Solo nelle attività economiche più piccole, vicine al piccolo artigianato e tipicamente femminili, quali la produzione di pizzi, merletti, alimentali o attività di piccolo commercio, le donne, proprio perché si trattava di attività destinate ad altre donne, potevano tentare una qualche autonomia imprenditoriale, ma pur sempre con molte difficoltà e nel sospetto sociale, quando andava bene.

Oggi certamente la situazione in Italia è migliorata, ma non troppo.

Persistono infatti ancora molte imprese familiari nelle quali le dinamiche personali si riflettono su quelle lavorative, riproducento stereotipi di genere “tradizionali”. Per contro, si possono osservare diverse realtà di imprenditoria femminile che nascono autonome e indipendenti da figure maschili.

I numeri ci restituiscono una realtà imprenditoriale femminile in crescita ma pur sempre minoritaria. Le donne imprenditrici in Italia nel 2016 erano infatti 51mila contro i 184mila imprenditori uomini, il 21,7% del totale.

Non molto diversi sono i numeri delle imprese femminili, cioè imprese la cui partecipazione di donne risulta complessivamente superiore al 50%, tra quote di partecipazione societaria e cariche amministrative: in Italia nel 2018 le imprese femminili erano oltre un milione e 337mila, pari al 21,93% del totale del tessuto produttivo nazionale.

I settori prevalenti di attività delle imprenditrici in Italia sono ancora fortemente caratterizzati dalla tradizione dei mestieri “femminili”.

Le imprese guidate da donne sono infatti più concentrati in settori quali la cura, il commercio e i servizi: la percentuale di femminilizzazione delle imprese maggiore (50,86%) si rinviene nelle attività merceologiche definite “Altri servizi”, al cui interno la componente più importante è quella della cura della persona, seguita dalla sanità e Assistenza sociale (37,7%)

Anche rispetto alle forme societarie imprenditoriali ci sono delle differenze di genere.

Quella delle cooperative si rivela infatti particolarmente adatta all’iniziativa economica delle donne, sia nelle sue declinazioni sociali che ne valorizzano le capacità di cura, sia nelle sue modalità di governance orizzontale che si adattano particolarmente alla cultura della collaborazione con la quale molte donne vengono educate sin da piccole:“Una cooperativa su 3 è a guida femminile, ed è donna il 58% degli occupati e la governance rosa si attesta al 26%”.

Guardando invece alla personalità delle imprenditrici italiane, una ricerca ne ha tracciato un identikit

che ne sottolinea il tratto generazionale, l’elevato livello di istruzione e le diverse motivazioni rispetto all’imprenditorialità maschile : “Il 46% delle donne titolari di un’attività in proprio hanno meno di 40 anni (il 13% ne ha meno di 30) con un’età media di 42 anni. Il 30% di loro ha una laurea, più del doppio rispetto alla media nazionale (18.9 % dato Istat al 31/12/2014) e il 58% è anche mamma. La maggior parte delle donne imprenditrici arriva da un lavoro precedente: il 47% di loro aveva un lavoro come dipendente, ma ha scelto di “fare il salto” non tanto per insoddisfazione, quanto per mettere pienamente a frutto le proprie competenze e studi (43%), per avere prospettive di crescita professionale (41%), per sviluppare il proprio talento (33%) e affermarsi (31 %). Vivono il lavoro come strumento fondamentale per la propria realizzazione personale…Trovano una forte gratificazione soprattutto nell’essere autonome, come dichiara il 52% di loro, e nel fare quello che davvero sognavano di fare (47%)”.

Viene infine da chiedersi se l’iniziativa imprenditoriale delle donne sia davvero libera in relazione ai maggiori ostacoli che queste devono affrontare, sia sul lavoro che nelle proprie famiglie.

Nella loro attività le donne imprenditrici hanno infatti maggiori difficoltà per accedere al credito bancario: a livello mondiale una ricerca ha dimostrato che gli uomini hanno il doppio delle possibilità delle donne di raccogliere finanziamenti dai 100mila euro in su per le loro startup, mentre in Italia è stato rilevato come le imprenditrici facciano minore ricorso al credito bancario degli imprenditori uomini. Quando lo fanno, hanno più spesso una risposta totalmente o parzialmente negativa e scontano condizioni di finanziamento più sfavorevoli.

Troppo spesso, infatti, le imprenditrici devono affrontare la mancanza di fiducia generale verso le loro capacità quando non sono “garantite” da una figura maschile, incontrando quindi maggiori ostacoli nello sviluppo delle loro attività rispetto ai loro colleghi uomini.

Nelle proprie famiglie, le donne imprenditrici devono poi confrontarsi spesso con l’esigenza di ridefinire il proprio ruolo di “comando” all’interno di dinamiche familiari che spesso hanno difficoltà ad evolvere rispetto allo stereotipo della figura femminile subalterna e dipendente per definizione.

Più praticamente, anche per le imprenditrici si ripropongono poi le difficoltà di conciliazione che incontrano tutte le donne che lavorano nel nostro paese, peggiorate anche dagli orari, spesso flessibili e prolungati, che caratterizzano le attività in proprio.

Eppure, le imprese guidate da donne, sanno avere successo e costruire valore economico e sociale per la nostra collettività, pagando tasse, contributi, dando lavoro ai propri dipendenti e producendo benessere e ricchezza al pari degli imprenditori uomini.

Per tale motivo è importante che anche rispetto alla promozione dell’imprenditoriale femminile lo stato si attivi concretamente

per dare piena attuazione al comma 3 dell’articolo 41 che offre all’intervento pubblico capacità di intervento in termini di programmi e controlli per indirizzare le attività economiche a fini sociali.

In questo senso vanno certamente lette le iniziative a sostegno dell’imprenditoria femminile che lo stato ha promosso con la Legge 215/92 sull’Imprenditoria femminile e con altre misure analoghe.

Il venir meno di tali supporti negli ultimi anni, in concomitanza con la crisi economica e finanziaria del nostro paese rilancia con maggiore urgenza la richiesta di un impegno da parte dello Stato nel promuovere l’imprenditoria femminile come parte di una più ampia strategia di rilancio del paese nella quale le donne d’impresa possono e vogliono ricoprire un ruolo considerevole.

Il progetto La #Costituzionedelledonne: Che cosa rappresenta oggi per noi donne la Costituzione? Quanto ci sentiamo rappresentate, capite e considerate? Un articolo al giorno, per tutto il mese di maggio, perchè la Festa della Repubblica sia davvero per tutte e tutti.

Puoi leggere gli altri Articoli della #CostituzioneDelleDonne qui:

1 maggio 2019: La #CostituzioneDelleDonne, oggi

1 maggio 2019: Articolo 1: Ma l’Italia è una Repubblica fondata anche sul lavoro delle donne?”

2 maggio 2019 Articolo 2: “Quali sono i diritti inviolabili delle donne?”

3 maggio 2019 Articolo 3: “Anche le donne sono uguali di fronte alla legge?”

4 maggio 2019 Articolo 4: “Anche le donne hanno il diritto-dovere di lavorare?

5 maggio 2019 Articolo 9:  “La Repubblica promuove anche la cultura e la ricerca delle donne?”

6 maggio 2019 Articolo 10: “Il diritto di asilo delle donne straniere è diverso?”

7 maggio 2019 Articolo 11: “Che c’entrano le donne con la guerra?”

8 maggio 2019 Articolo 14: “L’inviolabilità del domicilio e la violenza contro le donne”.

9 maggio 2019 Articolo 18: “La libertà di associarsi delle donne”

10 maggio 2019 Articolo 21: “La libertà di parola delle donne”

11 maggio 2019 Articolo 29: “Il ruolo delle donne nel matrimonio e nella famiglia di oggi”

12 maggio 2019 Articolo 30: “Le donne e il diritto-dovere dei genitori di crescere i figli”

13 maggio 2019 Articolo 31: “Quale famiglia deve promuovere la Repubblica? E quale maternità?”

13 maggio 2019 Articolo 31: “Quale famiglia deve promuovere la Repubblica? E quale maternità?”

14 maggio 2019 Articolo 32: “Il diritto di cura e di tutela della salute delle donne”

15 maggio 2019 Articolo 33: “Le insegnanti nella scuola e nell’Università”

16 maggio 2019 Articolo 34: “Il diritto allo studio delle donne è diverso?”

17 maggio 2019 Articolo 35: “La Repubblica tutela anche il lavoro delle donne?”

18 maggio 2019 Articolo 36: “La retribuzione delle donne basta per un’esistenza libera e dignitosa?”

19 maggio 2019 Articolo 37: “Nel lavoro le donne hanno gli stessi diritti e retribuzione degli uomini?”

20 maggio 2019 Articolo 38:”Le donne hanno gli stessi diritti previdenziali e assistenziali degli uomini?”

21 maggio 2019 Articolo 39: “Il ruolo delle donne nei sindacati”

22 maggio 2019 Articolo 41: “L’imprenditoria delle donne”

23 maggio 2019 Articolo 42: “La proprietà privata delle donne”

24 maggio 2019 Articolo 45: “Le donne nella cooperazione e nell’artigianato”

25 maggio 2019 Articolo 48: “Le donne elettrici”

26 maggio 2019 Articolo 49: “Le donne nei partiti”

27 maggio 2019 Articolo 51:”Le donne elette”

28 maggio 2019 Articolo 53: “Anche le donne pagano le tasse”

29 maggio 2019 Articolo 55:”Le donne in Parlamento”

30 maggio 2019 Articolo 92:”Le donne nel Governo”

30 maggio 2019 Articolo 83: “Avremo mai una Presidente della Repubblica?”

2 giugno 2019: Festa della Repubblica con la #CostituzioneDelleDonne!