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La Germania adotta una politica estera femminista

di Federica Gentile | 10 Marzo 2023

Per un paese che abbandona la politica estera femminista, la Svezia,  ne abbiamo un altro che, seguendo l’esempio di paesi come Canada, Messico e Spagna, invece si butta: la Germania. Questa settimana i ministri degli esteri e dello sviluppo tedeschi hanno presentato delle nuove linee guida di politica estera femminista per garantire che tutte le persone “abbiano lo stesso diritto alla rappresentanza e all’accesso alle risorse”; l’approccio adottato si basa sulle 3R: Rights, Reputation, Resources. Questo si traduce nel fatto che in futuro oltre il 90% dei fondi dei nuovi progetti dovrebbe confluire in progetti globali che promuovono anche l’uguaglianza di genere; nel 2021 la percentuale era invece al 64%. In termini di impegno finanziario, la Germania si pone l’obiettivo di investire 12 miliardi di euro in progetti rivolti a combattere la disuguaglianza di genere.  

Una politica estera femminista va peraltro anche applicata entro i confini nazionali, aumentando la presenza delle donne nelle delegazioni impegnate in negoziati con altri Paesi, ed in diplomazia in generale – che è un feudo maschile: attualmente solo il 26% degli ambasciatori e delle ambasciatrici tedesche sono donne.  

Riguardo all’applicazione in pratica della nuova strategia femminista tedesca, secondo il Carnegie Endowment for Global Peace, bisognerà vedere come sarà possibile conciliare un approccio che dovrebbe mettere in primo piano la sicurezza umana rispetto alla sicurezza dello stato – soprattutto in un momento in cui la guerra tra Ucraina e Russia è ancora in corso. Inoltre, sono possibili notevoli resistenze a livello politico: un approccio radicalmente femminista alla politica estera dovrebbe cercare di “smantellare le strutture politiche ed economiche globali che riproducono la disuguaglianza di genere”.  Non solo, l’approccio tedesco, anche se intersezionale negli intenti, sembra essere meno centrato sulla necessità di prendere in considerazione le differenze tra le donne in termini per esempio di origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, identità di genere, etc. Questo approccio è stato invece adottato in Spagna, che ha aggiunto alle 3 “R”, anche la “D” per diversity, mentre in Germania la diversity non è stato inclusa nelle linee guida finali.  

In un mondo caratterizzato da molteplici crisi, ci auguriamo che la politica estera femminista della Germania possa rappresentare un elemento di stabilizzazione e di promozione dell’uguaglianza di genere a livello globale.

Immagine di Maheshkumar Painam su Unsplash