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Se pure la Svezia molla le donne (all’estero, per ora)

di Giovanna Badalassi | 3 Novembre 2022

Tempi difficili, indubbiamente, per le appassionate di parità e dei diritti delle donne. Ci eravamo appena un attimo compiaciute del risultato di Lula in Brasile al quale hanno contribuito in maniera importante anche le donne e adesso arriva invece una tegola dalla Svezia, il miraggio femminista al quale abbiamo sempre guardato con un po’ di invidia. Politica estera femminista in Svezia

Giunge infatti in questi giorni, grazie a Human Rights Watch, la notizia che

il governo Svedese abbandonerà il proprio programma di politica estera femminista, detto delle 3R (Rights, Reputation, Resources)

adottato, primo paese al mondo, nel 2014, per superare le barriere alle pari opportunità e adottare la prospettiva di genere in tutto il processo decisionale legato alle politiche di cooperazione internazionale.

Grazie a questo programma, la Svezia ha guadagnato negli anni una reputazione internazionale importante sui diritti delle donne riconoscendo la parità come un presupposto indispensabile per lo sviluppo sostenibile globale. Un programma così innovativo che è stato emulato anche da altri paesi come il Canada, la Francia e il Messico.

Perché dunque abbandonare a se stesse le donne di tanti paesi proprio ora, nel momento del bisogno,

quando stanno eroicamente combattendo per i propri diritti in Iran e in Afghanistan, mentre in altri paesi, come ad esempio negli Stati Uniti e in Polonia, vedono addirittura minacciati i diritti riproduttivi?

Ahimè, tocca dirlo: perché in Svezia adesso ha un nuovo governo di centrodestra che la pensa diversamente.

Il nuovo Ministro degli Esteri svedese Tobias Billström ha infatti dichiarato che la parità di genere ha “un valore fondamentale in Svezia anche per il suo governo” ma che non continuerà a “promuovere una politica estera femminista perché questa definizione di fatto oscura la politica estera svedese che deve essere basata sui valori svedesi e gli interessi svedesi”. Insomma, la politica estera femminista sarebbe in concorrenza e alternativa ai valori svedesi e agli interessi del paese, invece che a loro rinforzo.

Come è arrivata a questo punto la Svezia?

Secondo gli analisti, la socialdemocrazia svedese è stata messa in crisi dall’incapacità politica di offrire un modello di integrazione in grado di reggere all’immigrazione di massa che anche la Svezia ha conosciuto negli anni fino ad arrivare alla crisi migratoria del 2015, quando sono arrivati di colpo 163.000 migranti in un paese di 10 milioni.

Uno shock demografico, sociale ed economico che adesso ha portato, come conseguenza, anche ad uno shock politico con il cambio di governo. La Svezia, nell’analisi di ISPI, si è infatti presentata al voto come un paese in grande difficoltà sul fronte della sicurezza interna, al punto che a maggio 2022 l’allora prima ministra socialdemocratica ha dichiarato che la Svezia ha completamente fallito la propria politica di integrazione e che “la segregazione è andata così male che abbiamo società parallele” ma soprattutto che “la nostra società era troppo debole mentre i soldi per la polizia e i servizi sociali erano troppo pochi”.

Ora, dire che i soldi per i servizi sociali erano pochi in un paese campione in questo campo a livello mondiale ve la dice tutta sull’enormità del problema che si sono trovati ad affrontare.

Insomma è finita come deve finire nelle democrazie mature:

un governo ha fallito la propria azione politica, al punto da ammetterlo in modo così netto, e ora ci prova un altro. Sarebbe anche una corretta dinamica dell’alternanza, non fosse per perle come questa, sintomi di una strategia politica che si tira indietro sul terreno dei diritti umani, anche quelli delle donne, e che si chiude a riccio di fronte ai problemi del mondo, invece di cercare migliori soluzioni.

Che morale possiamo trarre noi italiane e italiani da questa storia?

Intanto, ricordiamoci che, nonostante tutto, la Svezia cade dall’alto. Noi in Italia manco abbiamo mai avuto una politica nazionale davvero femminista, con governi di qualsiasi colore, figuriamoci una politica estera. Secondo il Global Gender Gap Report 2022, la Svezia è infatti pur sempre alla quinta posizione nel mondo per la parità di genere, mentre l’Italia è alla sessantatreesima.

Questa vicenda rimane però importante per riflettere, in tempi di dinamiche sociali, politiche ed economiche così estreme, come tutto sia continuamente rimesso in discussione, a sinistra così come a destra. Politica estera femminista in Svezia

Se nessuna conquista dei diritti delle donne è dunque mai definitiva, come la Svezia racconta, è però anche vero che neanche nessuna caduta è mai irreversibile, come il Brasile insegna.

Quindi, amiche, occhi aperti, certo, ma soprattutto maniche rimboccate, che anche da noi c’è ancora molta parità da fare.

Immagine: Mark König on Unsplash