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Mamme! Sono finite le scuole..siete pronte?

di Giovanna Badalassi | 11 Giugno 2024

Centri estivi

Alè, ci siamo, puntualissima, come ogni anno, è arrivata la data-armageddon per ogni madre: la fine della scuola, il giorno più temuto. Da quel giorno lì, non un minuto prima, inizia quel periodo di follia del genere: “quanto caldo fa-che gli faccio fare-chi me lo tiene-chi me lo porta-ma quanto costa – le ferie?-il pranzo al sacco-tornerà stravolto/a” che si trascinerà fino a metà settembre, a seconda delle regioni.

Hai voglia a dire che anche i padri devono collaborare e, certo, qualcuno lo farà pure, ma, esperienza di tutte, sono quasi sempre le mamme le vere strateghe, le generalesse della pianificazione a tavolino della campagna d’estate, quando devono studiare nei minimi dettagli la formula magica, una combinazione multivariata che riesca a incastrare nonne/amiche/centri estivi/ferie/babysitter, tenendo conto della disponibilità oraria, delle risorse economiche, delle tempistiche e della mobilità.

Che ci vengano poi a parlare di strategie aziendali. Chi riesce a organizzare l’estate di prole in età scolare saprebbe anche fare una scalata in borsa, fidatevi.

Soprattutto le madri più efficienti, che guardiamo con un misto di invidia, ammirazione e incredulità. Puro odio, nei nostri momenti di scoramento. Come tutti gli anni hanno crudelmente giocato d’anticipo e già ad aprile hanno pianificato tutto, prenotato tutto. Ogni dettaglio, spostamento, merendina, promemoria, ricambio è già sotto controllo.

Noi, lo ammettiamo sconsolatamente, ci siamo sempre ridotte all’ultimo, pagando un caro prezzo ogni anno, afferrando i centri estivi più cari con ancora qualche posto libero, chissà come mai, supplicando nonni, baby sitter e amiche. Insomma, per le madri che non si organizzano, sappiamo, la punizione arriva sempre implacabile e il calice da bere è sempre amarissimo.

Come ogni anno, ancora, i media sono molto premurosi nel ricordarci che i centri estivi costano un botto, sempre in aumento perché, certo, c’è il caro-vita per tutti ma non si sa come non per i nostri stipendi.

Quest’anno pare che le famiglie spenderanno per i centri estivi tra i 600 e i 1000 euro per figlio.

Non mancano neanche, ovviamente, suadenti articoli sui meravigliosi centri estivi disponibili nella vostra città, che vi toglieranno ogni pensiero.

Se ogni famiglia con figli in età scolare aspetta ogni anno questo momento come un’altra prova di vita da superare cercando di organizzarsi, continuiamo a non capire come mai, visto che l’estate arriva ogni anno, non ci sia modo di organizzare le estate dei bambini e delle bambine in modo un po’ più strutturato, abbandonando le famiglie al fai-da-te.

Come se fossimo ancora l’Italia degli anni 50 con le mamme o le nonne che non lavorano e tengono al mare o in campagna i figli e le figlie tutta l’estate. Non è più così da un bel pezzo.

Nel 1959 lavoravano in Italia 6,3 milioni di donne, nel 2023 erano 9,9 milioni (Istat).

Permetterete che qualche bisogno di servizi in più c’è. Anche se i bambini sono sempre di meno, ci sono comunque molte più madri che lavorano rispetto a 60 anni fa e quindi più famiglie che devono fare i salti mortali per organizzare il tempo estivo dei propri figli e figlie.

Su 9,9 milioni di donne che lavorano in Italia ce ne sono 2,4 milioni che hanno almeno un figlio con meno di 11 anni (Eurostat, 2023)

e che quindi, verosimilmente, devono trovare una soluzione ogni estate. Sì, lo sappiamo, i centri estivi si fanno  per bambine e bambini tra i 3 e i 13 anni, che in Italia sono 5,5 milioni (Eurostat, 2023), quindi mancano dal conto le mamme con almeno un figlio tra i 12 e i 13 anni, andrebbero tolte quelle con figli sotto i tre anni, soprattutto non si sa quante devono gestire più di un figlio, ma questi sono i dati che passa il convento, cerchiamo di accontentarci e di prendere questo dato come un ordine di grandezza.

Ad ogni modo, poiché le famiglie con entrambi i genitori che lavorano hanno mediamente hanno 2-3 massimo settimane di ferie, si suppone potrebbero gradire dei servizi estivi strutturati e un po’ meno affidati al fai-da-te. Non si capisce infatti perché ci sia una scuola dell’obbligo per tutto l’anno e poi per 3 mesi liberi tutti. Cos’è, non servono quelle settimane per imparare qualcosa di diverso da quello che si studia durante l’anno?

Certo, le famiglie più abbienti ci pensano già, a non sprecare tempo prezioso per l’apprendimento, tra scuole di inglese, centri sportivi, camp esperienziali, viaggi, ecc, ma proprio a questo serve l’istruzione obbligatoria pubblica: a dare delle opportunità di apprendimento anche alle bambine e ai bambini le cui famiglie non hanno queste disponibilità.

Non si capisce quindi, perché l’Italia abbia la pausa estiva più lunga di tutti i paesi OECD, 13 settimane, seconda solo alla Lettonia (13,2). Paesi Mediterranei come il nostro fanno meno settimane: 12,2 la Grecia, 12 la Turchia, 10,6 la Spagna, 10,2 il Portogallo, 8 la Francia.   

Pare che sia ancora un retaggio dell’800, quando un paese ancora contadino aveva bisogno aiuto anche dai minori nella stagione di raccolta. Mah. Certo, oggi è difficile immaginare lezioni nelle torride estati nostrane in scuole senza aria condizionata.

Però, un minimo di organizzazione…via. Lasciare tutto sulle spalle delle famiglie non è solo una questione economica, che già basterebbe di per sé. É anche una questione di sostenibilità lavorativa, soprattutto per le madri, e una questione di pari opportunità di educazione, di apprendimento e di istruzione per tutti i bambini e le bambine.

Quest’anno il Dipartimento per la Famiglia ha 60 milioni di euro per i Centri estivi e attività socio-educative dei Comuni.

Non sappiamo ancora quanti saranno i bambini e le bambine che ne beneficeranno, ma come riferimento pensiamo che nel 2021,  gli utenti dei Centri Estivi dei Comuni sono stati 200.493[1], gli altri gravitano intorno a Centri Estiti privati, di associazioni o su altre soluzioni di accudimento trovate dalle famiglie.

Pare, comunque, che il giro d’affari dei Centri estivi potrebbe essere di 300 milioni di euro, e possiamo immaginare chi ci metterà la differenza.

Come sempre, però, quando c’è un vuoto c’è sempre qualcuno che lo riempie: sappiamo ad esempio che molte grandi aziende offrono centri estivi ai figli dei loro dipendenti a prezzi accessibili e con il supporto economico del welfare aziendale, che l’INPS eroga un contributo per i centri estivi per i figli dei dipendenti pubblici, che spesso anche le Regioni ci mettono dei propri budget. Insomma, siamo anche qui al fai-da-te, ma in questo caso è un fai-da-te aziendale o istituzionale.

Sappiate, però, che non c’è una banca dati, una ricerca che ci dica con precisione quanti sono questi centri estivi, tra pubblici e privati, quanta gente ci lavora (sospettiamo tante, tante donne), con quali contratti. Non sappiamo quante famiglie, beate, hanno i nonni a disposizione d’estate, soprattutto le nonne, quante madri cercano di combinare la fine dei loro contratti precari a giugno per riprendere a lavorare poi a settembre, per seguire i figli (si, succede pure questo), quante hanno il centro estivo della propria azienda o il contributo dell’Inps, e quante invece sono totalmente scoperte.

Non è però un caso se non sappiamo tutte queste cose. Come diceva un grande stratega d’azienda: non puoi gestire quello che non puoi misurare.

E quindi, se ne riparlerà, ora non c’è tempo per pensarci che si deve ripartire.

“Allora, hai messo la merenda nello zaino?”


[1] Istat, Interventi e servizi sociali dei Comuni, 2021