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Perché la violenza di genere è un problema degli uomini

di Federica Gentile | 14 Ottobre 2019

Due personesedute su un divano
Photo by Ben White on Unsplash

Leggiamo tutti i giorni di femminicidi, e leggiamo spesso agghiaccianti statistiche che riportano dati come “Ogni 72 ore una donna muore”. E siccome le parole contano, abbiamo riflettuto sul fatto che stiamo guardando alla violenza di genere (non rivolta solo verso le donne, quindi) dalla prospettiva sbagliata. Il focus è sempre sulla vittima e raramente sull’aggressore. L’aggressore – e la stragrande maggioranza dei responsabili di violenza di genere sono uomini – sparisce.

D’altra parte guardiamo alle statistiche. Sappiamo quante donne sono state vittima di violenza domestica nel nostro paese (6 milioni 788 mila), e quante donne sono state stuprate (652 mila) quante sono state uccise da ex partner, mariti, etc. (123 nel 2017). La forma passiva “sono state stuprate, sono state uccise, ecc.” utilizzata ampiamente anche dai mass media, come sottolinea Jackson Katz, è problematica, perché l’aggressore sparisce e, quindi, in qualche modo, viene de responsabilizzato. Spostando il focus sull’aggressore, sarebbe importante sapere quanti sono gli uomini responsabili di violenza sessuale (saranno, immaginiamo, un po’ meno di 6 milioni 788 mila, corrispondenti alle altrettante donne vittime di violenza. Pensiamo siano un po’ meno perché alcuni uomini sono recidivi, ma mica poi tanti di meno, temiamo).  

Usare determinate parole, insistere sul victim blaming, e umanizzare l’aggressore a discapito dell’umanita’ della vittima – vi ricorderete del “gigante buono” – sono paraventi dietro i quali si continua a nascondere il fatto che la violenza di genere è un problema  che riguarda il disagio degli uomini – non tutti certamente: se gli uomini autori delle violenza potrebbero essere dell’ordine di grandezza dei 6 milioni, è anche vero che gli uomini che non hanno a che fare con la violenza di genere potrebbero essere circa 15 milioni (intesi come differenza rispetto al totale degli uomini tra i 16 e i 70 anni, che in Italia sono circa 21 milioni).

Il problema rimane quindi quello di una visione della mascolinità limitata e arcaica ancora troppo diffusa e accettata per la quale è “naturale” che gli uomini siano sessualmente aggressivi e le donne siano vittime complici e consenzienti. Una visione la cui forza si può misurare soprattutto tra quegli uomini che mai farebbero del male a qualcuno ma che tacciono quando – dopo il calcetto, nelle uscite con gli amici, sul posto di lavoro – sentono commenti sessisti (ma anche omofobi, transfobici) che sminuiscono e insultano le donne e non intervengono. Eppure sono gli stessi uomini che, se simili commenti venissero rivolti alle loro madri, mogli, figlie, sorelle, certamente risponderebbero. 

C’è bisogno, insomma, di un cambiamento culturale nel quale gli uomini trovino una loro nuova e diversa identità, sia pubblica che privata, superando antichi retaggi di una cultura della violenza che danneggia tutti e tutte. I primi a ribellarsi dovrebbero essere gli uomini.