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Perchè gli uomini sono privilegiati

di Federica Gentile | 21 Dicembre 2019

Gruppo di uomini che parlano fra loro.
Photo by Romain V on Unsplash

Siamo alla fine del 2019, e ancora stiamo a dover aver conversazioni decisamente umilianti, off line and on line, sulla necessità delle quote di genere/quote rosa in un paese che sta al n.76 della classifica mondiale del Global Gender Gap del World Economic Forum, con una situazione peggiore rispetto all’anno precedente.

Siamo nel 2019, e ancora a molti uomini, anche quelli “bravi” istruiti, progressisti, che mai toccherebbero una donna, che si dicono se non femministi almeno alleati delle donne non è chiaro che se le donne sono sistematicamente discriminate abbiamo bisogno delle quote di genere.

Non solo, non è loro chiaro se le donne sono sistematicamente svantaggiate allora gli uomini sono sistematicamente avvantaggiati.

Quando si osa farglielo presente, apriti cielo. Il privilegio degli uomini è un privilegio innato e di conseguenza gli uomini sono automaticamente avvantaggiati – indipendentemente dalle loro idee personali e dalla propria volontà – in tutti i campi. Significa questo che tutti gli uomini del pianeta hanno una vita facile? Assolutamente no. Ma anche nelle circostanze più sfavorevoli, saranno comunque avvantaggiati rispetto a donne che si trovano nella stessa situazione. Non dovranno mai, in un patriarcato, dover far fronte alla stessa vasta gamma di pregiudizi, discriminazioni, oggettivazione e violenza a cui deve far fronte una donna.

Per intenderci: un uomo disoccupato è privilegiato? Sì, lo è in quanto uomo, e al tempo stesso non lo è in quanto disoccupato. Un uomo gay è un privilegiato? Stesso ragionamento: l’orientamento sessuale in una società in cui l’eterosessualità viene vista come l’orientamento sessuale “normale” lo svantaggia, ma rimane comunque il privilegio di essere uomo.

Faccio un esempio: sono donna e bianca, e vivo negli USA. Negli USA i bianchi sono avvantaggiati rispetto agli afroamericani. In quanto donna posso essere vittima di sessismo, quindi sono svantaggiata, ma in quanto bianca, sono privilegiata. Non importa che io non sia razzista, conta solo che al colore della mia pelle è associato il “privilegio bianco”. Per esempio, se vengo fermata dalla polizia per strada per un normale controllo posso essere sicura di non finire ammazzata per futili motivi, se mi toccasse la tragedia che è toccata alla mamma nigeriana a Sondrio, scommetto quello che volete che in quanto madre bianca avrei avuto manifestazioni di solidarietà, infine, dato il costante sfruttamento economico della comunità afroamericana dalla schiavitù in poi, posso anche contare in media su un patrimonio sproporzionatamente maggiore di quello di una donna afroamericana media. Anche se fossi povera, non etero, appartenessi a una minoranza religiosa, il mio privilegio bianco rimarrebbe, e questo comporta delle responsabilità.

Non è stato facile accettarlo per vari motivi, ma in primis perchè è più facile riconoscere che qualcun altro è discriminato, ma molto meno facile riconoscere che si è privilegiati. Non essere consapevoli del proprio privilegio comporta una certa – diciamo – “fragilità “; nel caso degli uomini, hanno praticamente tutto il potere economico e politico eppure ci fanno le pulci fino alla morte per le quote di genere, tra le altre cose.

Da notare peraltro che stiamo parlando di “quote di genere” quindi di provvedimenti che possono essere utilizzati anche per aumentare la presenza di uomini in settori in cui non siano adeguatamente presenti, e che stiamo parlando di una percentuale del 30%, non del 100%. Tra l’altro, le quote rosa migliorano la qualità della classe dirigente, e più donne al potere beneficiano tutt*, indipendentemente dal genere.

Quindi, alla fine del 2019, abbiamo bisogno di più uomini consapevoli dei propri privilegi e che di conseguenza si decidano a rinunciare a parte del loro potere politico ed economico.

E già che siamo in argomento, c’è anche bisogno di uomini che si informino, che ascoltino di più quando le donne parlano delle loro esperienze, che sul luogo di lavoro diano spazio alle donne, che amplifichino la voce delle donne sui mass media e sui social media, che riprendano chi dei loro amici/parenti/colleghi fa commenti degradanti sulle donne, che invitino le donne ai convegni o che si rifiutino di partecipare a convegni di tutti maschi, che diano soldi ad associazioni di donne, che leggano più libri scritti da donne, che se insegnano usino testi scritti da donne e includano (più) donne nei loro programmi, e che finalmente sfidino un po’ – almeno un po’- un modello di mascolinità ormai datato e dannoso.

Sarebbe anche buona cosa se tutto questo accadesse piuttosto in fretta, dato che non ho voglia di aspettare ancora 100 anni per la parità di genere.