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La mobilità delle donne

di Federica Gentile | 28 Dicembre 2022

In India l’84% dei viaggi delle donne avvengono su mezzi pubblici, secondo uno studio molto recente  della Banca Mondiale e tendono a muoversi a piedi molto più degli uomini. E questo vale, anche se con percentuali minori, in tutto il mondo. Le donne in generale tendono a muoversi in modo diverso rispetto agli uomini: i  diversi ruoli di genere ricoperti da uomini e donne nel sistema socio-economico si traducono in diversi comportamenti, bisogni ed esigenze (anche) per quanto riguarda la mobilità: secondo i dati dell’Eurobarometro per il 2019 nell’Unione Europea le donne preferiscono camminare, utilizzare i mezzi pubblici urbani e i treni extraurbani, mentre gli uomini dell’UE scelgono più spesso mezzi di trasporto individuali tra cui auto, biciclette, motorini e scooter. Le donne hanno meno alternative degli uomini nella scelta loro modalità di trasporto e si preoccupano maggiormente della frequenza del servizio e dell’ambiente mentre gli uomini si preoccupano di più del “piacere”, del “prezzo”, della “privacy” e della disponibilità di infrastrutture e servizi. 

La mobilità delle donne si traduce in un maggiore utilizzo di mezzi  pubblici rispetto agli uomini, tendono a muoversi  a piedi e/o in bicicletta, e tendono a compiere tragitti non lineari e più numerosi nel corso della giornata per andare a lavorare, fare la spesa, accompagnare persone anziane e bambin* etc.  La mobilità delle donne è quindi più “caotica”, più sostenibile, e molto più influenzata da fattori quali l’accessibilità dei mezzi pubblici e la percezione della propria sicurezza personale sui mezzi di trasporto, soprattutto in determinate fasce orarie. Nello studio della Banca Mondiale condotto in India, alcune ragazze hanno riportato di aver dovuto rinunciare alla propria istruzione perché richiedeva loro l’uso di mezzi pubblici in cui venivano costantemente molestate. Si tratta quindi  di fattori di cui si deve tenere conto per una politica dei trasporti che sia non solo efficiente e sostenibile, ma anche equa.

Tuttavia,  i ruoli di genere sono costruzioni sociali che possono cambiare nel tempo, e cambiando i comportamenti, cambieranno anche le dinamiche della mobilità, insomma, le differenze di genere nella mobilità e non solo, non sono destinate a rimanere tali per sempre; in futuro – almeno in Europa – il maggior livello di istruzione  delle donne dovrebbe tradursi  in tassi di attività femminile più alti  e favorire l’impiego full time con modalità di pendolarismo simili a  quelli maschili; l’incremento del  telelavoro e di  modalità di lavoro flessibili dovute al Covid-19  dovrebbero rendere la mobilità di  uomini e donne più simile; una maggiore condivisione delle responsabilità del lavoro domestico e di cura tra  e donne uomini dovrebbe semplificare gli spostamenti delle donne. Infine, al di là dell’appartenenza di genere, fattori come l’età, la classe sociale, lo status occupazionale esercitano un’ influenza importante sulla mobilità delle persone e pertanto vanno anch’essi valutati. 

Per esempio, i Millennials (nati dal 1982 al 2003), tendono a vivere soprattutto nelle città, hanno accesso a una rete di mezzi pubblici efficiente che rende più facile rinunciare al mezzo privato,  preferiscono una mobilità multimodale, e scelgono il mezzo di trasporto a seconda del percorso che devono fare. Nel Regno Unito il numero dei giovani da 17 a 20 anni con la patente di guida è diminuito del 40% rispetto agli anni ’90, soprattutto per ragioni legate al costo di avere una macchina. 

Ritornando alle differenze di genere e al modo di mitigarle, a fronte di differenze notevoli nell’uso dei trasporti tra uomini e donne, Sheila Watson, durante la COP26 ha osservato che:  “[il] campo dei trasporti, tutto …è settato sugli uomini. Se si continuano a ignorare i bisogni femminili l’effetto è che le donne continueranno a non usare le nuove forme di mobilità e si baseranno ancora sui vecchi mezzi inquinanti, che è quello che non vogliamo. I dati e i processi decisionali non prendono in dovuta considerazione i bisogni femminili, serve invece che si inizi a farlo anche perché si tratta di un elemento decisivo nella lotta ai cambiamenti climatici”. Si tratta quindi di coinvolgere le donne nei processi decisionali relativi ai trasporti, per garantire che i loro bisogni vengano ascoltati, e che l’impatto sull’ambiente sia minimo.  

Lo stesso  documento “Le diseguaglianze di genere in Italia ed il potenziale contributo del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza” riconosce l’importanza del potenziamento della rete di trasporti pubblici come  mezzo che consentirebbe di liberare tempo per le donne da impiegare nel lavoro retribuito contribuendo quindi a diminuire la disuguaglianza di genere. 

E’ importante quindi migliorare la mobilità  per le donne per  diminuire la disuguaglianza di genere ma anche per offrire un servizio migliore a tutta la comunità.

Immagine: Nathalia Segato su Unsplash