×

Le donne e le STEM: tra stereotipi ed innovazione

di Federica Gentile | 11 Febbraio 2024

Come ogni anno l’11 febbraio celebriamo la Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza, arrivando più o meno alla stessa conclusione: anche se le cose lentamente stanno cambiando, sono ancora troppo poche  le donne impiegate nel settore delle STEM (science, technology, engineering and mathematics), e questo comporta una perdita per tutta la società in termini di talento ed innovazione.

I problemi, per le donne e le STEM, nascono già a scuola: per esempio, secondo i dati PISA, nel  nostro paese c’è il più ampio divario di genere (ben 21 punti)  tra ragazzi e ragazze in matematica:

la percentuale di studenti con bassi risultati è inferiore tra i ragazzi (27%) che tra le ragazze (32%)  e per quanto riguarda i risultati migliori la percentuale è maggiore tra i ragazzi (10%) che tra le ragazze (4%). Fortunatamente per le scienze non ci sono differenze particolari. Questo trend non proprio positivo – e che non riguarda solo il nostro paese –  si riflette sulla percentuale di donne che si laureano nelle STEM: in Europa sono il 34% ed in Italia sono per il 59,1% uomini contro il 40,9% per le donne.  Per le aree  “Informatica e tecnologie ICT” e “Ingegneria industriale e dell’informazione” questa differenza è ancora più marcata, e i laureati uomini sono i due terzi. Anche se sono di meno, le donne laureate in materie STEM sono in generale più brave dei colleghi maschi: finiscono gli studi con un voto medio di 104,2 su 110 (per gli uomini il voto medio è 102,3).

Le studentesse STEM sono brave e soprattutto, secondo l’ISTAT, si sta verificando un crescente interesse delle donne  soprattutto per l’ ingegneria industriale e dell’informazione, per cui il numero delle laureate è aumentato del 105,9%. 

Siccome non è che le donne  per natura siano meno portate degli uomini per le materie scientifiche, ci si chiede per quali  motivi  studino queste materie meno degli uomini.  Naturalmente il minore numero di donne studentesse e scienziate STEM non si può ricondurre ad un unico fattore, ma a una molteplicità di fattori tra i quali le aspettative e  gli stereotipi di genere che sin dall’infanzia associano le bambine ad attività ed interessi che riguardano la cura e le materie umanistiche e invece indirizzano i bambini ad attività ed interessi che riguardano più l’ambito tecnico e scientifico.

Purtroppo, anche gli insegnanti e le insegnanti possono contribuire a rafforzare l’idea che i bambini e i ragazzi siano più portati delle ragazze allo studio delle materie scientifiche:

la pervasività di questi stereotipi non risparmia neanche le percezioni delle insegnanti di materie scientifiche: secondo il rapporto UNESCO Female science and mathematics teachers: Better than they think le insegnanti di scienze e matematica hanno livelli più bassi di autoefficacia. Tuttavia, la performance dei loro studenti e studentesse è uguale o superiore a quelle degli studenti di colleghi maschi, quindi lo studio teorizza che “Le insegnanti donne potrebbero sottovalutare le loro capacità di trasmettere le conoscenze in scienza e matematica”.

Infine, mancano i modelli di ruolo che spingano le bambine ad associare le STEM alle donne: molte scienziate sono state tralasciate dalla storia per via dell’ effetto Matilda, che prende il nome da Matilda Joslyn Gage, una suffragetta americana. L’effetto Matilda si riferisce al fatto che il contributo delle donne alla ricerca scientifica è spesso ignorato e i loro meriti sono attribuiti a colleghi uomini.  Un esempio su tutti:  Lise Meitner, che era a capo della ricerca che avrebbe poi portato alla fissione nucleare. Il contributo della Meitner fu oscurato, e il collega Otto Hahn   – che a quanto pare era molto meno competente di lei, ricevette poi il Premio Nobel per la Chimica nel 1944. 

Una volta fuori dall’accademia, dopo aver affrontato numerosi ostacoli che cosa succede nel mondo del lavoro? In Europa nel 2022 circa 76 milioni di persone tra i 15 e i 74 anni erano impiegate nel settore della scienza e della tecnologia e di queste il 52% erano donne, impiegate soprattutto nei servizi.

Lituania e Corsica  hanno percentuali maggiori di quelle dell’UE (64%), mentre vediamo l’Italia ben al di sotto della media europea, con il Nord-Ovest al 45%, seguito poi dalle regioni del Sud e del Nord-Est che si fermano al 46%. 

Tuttavia, malgrado la loro presenza nel settore delle STEM, che però è soprattutto concentrata in settori “femminili”come i servizi, le donne non sono invece altrettanto ben rappresentate come scienziate e ingegnere: arrivando a solo il 41% del totale. Le donne scienziate e ingenere sono un po’ più della metà in Lituania (52%) e Bulgaria, e anche in questo caso l’Italia si attesta ben al di sotto della media UE con il 34%.

Sarebbe  necessario aumentare la presenza di lavoratrici nel settore delle STEM soprattutto perchè lavorare nelle STEM conviene: le imprese tendono ad assumere soprattutto persone laureate nell’area tecnico-scientifica, con un effetto positivo sull’occupazione. Per l’Italia i dati ISTAT riportano un tasso di occupazione dell’ 85,7% per coloro che hanno un titolo di studio nelle materie scientifiche (il tasso di occupazione per i laureati in Italia è del 81,1%) e l’86,7% delle persone che lavorano nel campo ha un posto di lavoro considerato altamente qualificato. Anche nel medio termine, a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello il tasso di occupazione è pari al 94,1% per gli uomini e al 90,9% per le donne. 

Per quanto riguarda il gap di genere nei salari tra i laureati e le laureate STEM che hanno iniziato l’attuale attività lavorativa dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, tende a diminuire – rispetto al totale dei laureati e delle laureate –  a cinque anni dal conseguimento del titolo di studio ma comunque si attesta a +11,8%, a favore degli uomini.  

Anche se avere un lavoro nelle STEM è vantaggioso, non è detto che si riesca a mantenerlo per molto: anzi, si parla per le donne di “leaky pipeline” (tubatura che perde): le donne che studiano STEM e che poi ottengono un lavoro nel settore, si perdono, ovvero lasciano il proprio lavoro per una serie di ostacoli dovuti anche al fatto che si tratta di un settore tradizionalmente dominato dagli uomini, in cui quindi le donne possono essere viste e trattate come ospiti più o meno ben accette. 

Dati americani  confermano come lavorare nelle STEM non sia una passeggiata di salute:  tra le discriminazioni più comuni subite dalle donne ci  sono il fatto di guadagnare meno di un uomo che fa lo stesso lavoro (29%), di essere considerare come poco competenti e infine di ricevere meno supporto da parte dei superiori  rispetto agli uomini, sempre a parità di lavoro (18%).

Un altro ostacolo che molte donne (e i genitori in generale) devono affrontare riguarda la conciliazione tra vita lavorativa e familiare: le STEM sono un settore caratterizzato da un ritmo lavorativo e serrato che può rendere molto difficile avere una famiglia; negli USA il 42% delle madri e il 15% dei padri lascia il lavoro entro tre anni dalla nascita di figli/e e il doppio delle madri rispetto ai padri ha dichiarato di avere meno figli di quanto avrebbero voluto per poter continuare a fare carriera nelle STEM.  In generale, le donne che hanno figli e lavorano nei campi scientifici e ingegneristici hanno meno probabilità di essere impiegate a tempo pieno  rispetto ai colleghi. Pertanto, le neo mamme potrebbero dover affrontare più ostacoli rispetto ai neo padri per continuare a lavorare a tempo pieno. 

Prevedibilmente queste differenze ci sono anche in Italia, dove, su un campione di 1000 radiologhe italiane, è emerso  che non solo  il 71% delle intervistate ha interrotto la la propria attività lavorativa per vari motivi, anche che la maggioranza, il  67%, ha dovuto sospendere l’attività lavorativa per ragioni legate alla gravidanza, all’allattamento o a entrambi i motivi. 

Come ci dimostrano i dati, la vita delle studentesse e delle lavoratrici nelle discipline scientifiche non è facile:  raggiungere l’uguaglianza di genere, nelle STEM come in qualsiasi altro campo, contribuisce a creare una società più giusta. Inoltre, rimuovere gli ostacoli che non permettono alle donne di essere adeguatamente rappresentate nel settore scientifico e tecnologico consente anche di non sprecare talenti e di includere prospettive diverse nella ricerca. Per esempio, anche se è chiaro che sia le donne che gli uomini hanno inventiva, in Europa le donne sono appena il 13,2% degli inventori e delle inventrici e anche se il trend per il tasso di inventrici in Europa è positivo (alla fine degli anni ‘70 era il 2%) c’è comunque una notevole disparità fra i generi, considerato che “il tasso di inventrici è molto inferiore alla percentuale di donne tra i ricercatori e i laureati in scienze e ingegneria.” In Italia il tasso di inventrici è del 14,3%

La parità nelle STEM beneficerebbe anche l’economia: secondo l’EIGE

annullare il divario di genere nelle STEM nella UE comporterebbe un aumento del PIL pro capite compreso tra il 2,2 e il 3,0% entro il 2050, per un valore compreso tra i 610 e gli 820 miliardi di euro. L’occupazione nella UE aumenterebbe da 850.000 persone a 1.200.000 entro il 2050.

Infine, una riflessione: esistono giustamente molti progetti ed iniziative volte ad aumentare la presenza delle donne nelle STEM, ma raramente si sente parlare di iniziative per fare sì che più uomini e ragazzi di interessino alle  materie umanistiche; se vogliamo veramente abbattere gli stereotipi di genere, e innescare un cambiamento culturale bisogna lavorare in entrambe le direzioni.

Se ti piace quello che scriviamo, sostieni il nostro lavoro iscriviti alla nostra newsletter mensile (gratis): ci trovi qui!