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Oggi alle #ElezioniEuropee votiamo anche per il futuro delle donne

di Giovanna Badalassi | 26 Maggio 2019

Global Gender Gap Report 2019 Elezioni Europee 2019 donne

Finalmente, dopo una campagna elettorale incredibilmente infantile, superficiale, rissosa e becera, oggi si vota. Queste elezioni sono davvero decisive e possono dare l’avvio a due processi storici alternativi.

O la (ri)nascita di un’Europa più solidale e meno affaristica,  in grado di intervenire nella dialettica geopolitica internazionale con il peso di un continente di 500 milioni di persone.

O l’esplosione dell’Europa nei suoi piccoli stati nazionali, chiusi nelle ideologie sovraniste e stritolati in pochi anni dalla Cina, dagli Usa e dalla Russia a livello economico, politico e, alla fine, sociale.

In mezzo a questa scelta ci sono anche le donne, che hanno tutto l’interesse a rilanciare l’idea di un’Europa unita e solidale.

L’Europa Occidentale è infatti la regione al mondo dove si è raggiunto il più elevato livello di emancipazione, libertà e diritti per le donne.

Il Global Gender Gap Report lo dice chiaramente: la distanza tra donne e uomini nell’economia, nella politica, nel livello di istruzione e nella salute è molto minore in Europa Occidentale che in qualsiasi altra macroregione o continente: abbiamo infatti raggiunto il 76% della piena parità, il livello più alto. Nell’Europa Occidentale (EU15 più Malta e Cipro), si otterrà dunque la piena parità di genere prima di tutti, tra 61 anni.

Nell’Europa dell’Est e Centroasia (che comprende gli 11 paesi dell’Est dell’allargamento UE, la Russia e altri 14 paesi) ci arriveranno tra 124 anni, tra 171 anni nell’Asia dell’Est e del Pacifico (che comprende la Cina), tra 165 anni nel NordAmerica, tra 153 anni nel NordAfrica e Medio Oriente, tra 135 anni nell’Africa subsahariana, tra 74 anni nell’America Latina e Caraibi.

Ci conviene quindi tenercela ben stretta, l’Europa, e sperare solo che funzioni meglio. Soprattutto noi italiane.

E’ infatti grazie alle politiche europee se abbiamo ottenuto parecchi diritti che mai le forze politiche nostrane ci avrebbero riconosciuto autonomamente.

Non si contano infatti le leggi nazionali in attuazione delle Direttive europee che ci hanno dato più diritti nel lavoro, per la maternità, per la conciliazione, per il contrasto alla violenza di genere.

Certo, noi italiane guardiamo tutto questo con un po’ di distanza, vista la situazione arretrata nella quale ci troviamo rispetto al resto del continente.

Ciò non toglie che è meglio essere tra gli ultimi paesi nell’area più femminista del mondo, che tra i primi paesi di non si capisce bene quale cordata sovranista-populista e, soprattutto, massimamente maschilista.

Quest’anno abbiamo avuto un assaggio di cosa vorrebbe dire se a prevalere fosse questa seconda malaugurata ipotesi: il Disegno di Legge Pillon è solo la punta di diamante di una cultura di governo che prevede la non esplicita ma reale e costante mortificazione sociale, economica e politica delle donne.

E, se avete voglia di leggervi qualche articolo della #CostituzioneDelleDonne, vedrete con chiarezza i rischi che stiamo correndo, confrontando la situazione di oggi con quella in cui si trovarono le donne del 1946 all’indomani del ventennio fascista.

In altri paesi le donne hanno già capito, e molto bene, la posta in gioco,

e stanno reagendo con gli strumenti dell’impegno politico e civile, facendosi sentire. Le femministe stanno infatti conquistando risultati importanti in Spagna, in Polonia, in Irlanda. Hanno combattuto strenuamente in Brasile, si stanno riorganizzando per le prossime elezioni USA.

Qui in Italia c’è stata per fortuna una reazione compatta dell’associazionismo femminile contro il Disegno di Legge Pillon, ma potrebbe non bastare a frenare l’ondata sovranista.

Occorre infatti che le donne siano presenti anche sui grandi temi, come già sta avvevendo negli altri paesi. Rappresentiamo infatti più del 50% dell’elettorato, dobbiamo essere consapevoli di avere la metà delle responsabilità nella scelta del destino del paese. A cominciare dal modello economico e sociale che vogliamo governi l’Europa e l’Italia nei prossimi decenni, per finire con le battaglie contro il cambiamento climatico o contro la disumanizzazione dell’intelligenza artificiale.

E insomma, sì, viviamo in un’epoca di grandi, grandissimi cambiamenti, ci sarà da ballare parecchio. Meglio quindi che ci attrezziamo meglio per affrontarli.

Cominciamo magari già oggi, andando a votare e scegliendo consapevolmente l’Europa che vogliamo.