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Disuguaglianza economica: dal 2020 i ricchi sono diventati più ricchi

di Federica Gentile | 16 Gennaio 2024

Mentre a Davos si uniscono i ricchi e potenti per decidere che cosa fare per risolvere i problemi del mondo, Oxfam, come ogni anno ha pubblicato il proprio rapporto sulla disuguaglianza. E le notizie non sono buone: “I cinque uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato le loro fortune, passando da 405 miliardi di dollari a 869 miliardi di dollari dal 2020, a un ritmo di 14 milioni di dollari l’ora, mentre quasi cinque miliardi di persone sono diventate più povere”

Questi uomini sono peraltro proprio uomini, e tutti bianchi: Bernard Arnault e la sua famiglia, Jeff Bezos, Warren Buffet, Larry Ellison e Elon Musk. Giusto per dare un’idea del livello di ricchezza di questi individui, “Se ciascuno dei cinque uomini più ricchi spendesse un milione di dollari al giorno, ci vorrebbero 476 anni per esaurire la loro ricchezza complessiva.” L’estrema disuguaglianza economica e la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi si riflette anche a livello globale: secondo Oxfam l’1% più ricco del mondo possiede il 43% di tutte le attività finanziarie mondiali e e fa anche danni, dato che l’1% più ricco del mondo emette la stessa quantità di carbonio inquinamento dei due terzi più poveri dell’umanità 

Più in dettaglio, secondo il World Inequality Report del 2022, il 10% più ricco della popolazione mondiale percepisce il 52% del reddito globale, mentre la metà più povera della popolazione si deve accontentare dell’ 8,5%; le disuguaglianze relative alla ricchezza globale sono ancora più drammatiche: la metà più povera della popolazione mondiale a possiede solo il 2% della ricchezza globale mentre il 10% più ricco della popolazione possiede il 76% di tutta la ricchezza. Insomma, come livelli di disuguaglianza siamo messe come all’inizio del ventesimo secolo.  

In Italia, il divario tra persone ricche e persone povere ha cominciato ad ampliarsi dagli anni ‘80 quando la quota di reddito del 10% più ricco della popolazione è aumentata dell’8-10% mentre la quota del 50% più povero è scesa dal 27% al 21%. Tra il 2007 e il 2019, prosegue il World Inequality Report, “i redditi medi del 50% più povero della popolazione sono diminuiti del 15%, mentre il reddito nazionale procapite è diminuito del 12% a seguito delle politiche di austerità seguite alla crisi finanziaria e alla crisi del debito europeo del 2012-2014.” Il livello della concentrazione della ricchezza in Italia è piuttosto alto, anche se inferiore a quello della maggior parte dei paesi europei: nel 2021, il 10% più ricco della popolazione deteneva il 48% della ricchezza. 

Non si può parlare di disuguaglianza senza tenere conto delle differenze di genere: le donne sono a livello globale più povere degli uomini, che possiedono 105 trilioni di dollari in più di ricchezza rispetto alle donne. Oxfam osserva che questa differenza in termini di ricchezza è “equivalente a più di quattro volte la dimensione dell’economia statunitense”. La cosa non stupisce, perché le donne sono largamente sovrarappresentate tra le persone povere, spesso svolgono lavori poco pagati, e sono in generale pagate meno degli uomini.

Inoltre, la grande mole di lavoro domestico e di cura non pagato svolto dalle donne non solo non è riconosciuto come tale, ma sottrae anche ore che potrebbero essere impiegate nel lavoro fuori casa. La disuguaglianza di genere si interseca poi con altre dimensioni dell’identità delle donne, come l’origine etnica o la disabilità, che le discriminano e marginalizzano ulteriormente. Nel nostro paese, la quota del reddito da lavoro femminile  è pari al 36%, più vicino ai valori del Nord America (38%) ma inferiore per esempio rispetto all’Europa dell’Est (41%). La quota del reddito da lavoro femminile comunque è aumentata del 6% negli ultimi 30 anni. Con calma, insomma.  

Le soluzioni, al solito, ci sono, ma manca la volontà politica di attuarle. Il tassare di più i ricchi è sicuramente una strategia che permetterebbe almeno di mitigare la disuguaglianza economica, ma bisognerebbe anche essere certe che i fondi recuperati grazie ad una maggiore e più equa tassazione fossero poi effettivamente investiti in politiche a favore delle fasce più povere della popolazione e a sostegno dell’occupazione. 

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