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Belle, magre, e senza potere

di Federica Gentile | 25 Gennaio 2020

Ayanna Pressley
Ayanna Pressley for Congress/YouTube

La scorsa settimana una deputata del Congresso americano, l’afroamericana Ayanna Pressley, ha rivelato che ha perso tutti i capelli per via dell’alopecia. Ne ha parlato in un video particolarmente commovente, perchè ha affermato che in precedenza i suoi capelli (acconciati con le treccine) avevano ispirato altre donne e altre ragazze ad essere orgogliose dei propri capelli crespi, un tratto per cui le afroamericane sono state tradizionalmente considerate non belle, quando non apertamente discriminate.

Il che mi ha portato ad apprezzare il coraggio della Pressley a mostrarsi senza capelli, non “bella”, secondo gli standard di bellezza che ci vengono ammaniti nella nostra società, da un lato, e a dare uno sguardo all’economia della bellezza. Un’economia importante, se si considera che a livello globale i guadagni dell’industria della bellezza raggiungeranno nel 2024 836 miliardi, e solo in Italia una stima di qualche anno fa riporta una spesa di circa 10 miliardi di euro all’anno in cosmetici.

Ora, niente di male di per sè a curarsi e a truccarsi, ma, come afferma Sonya Renee Taylor nel libro The Body is Not an Apology, come donne abbiamo a che fare con un sistema economico che – attraverso la pubblicità, i social media, i mass media – influenza come noi vediamo i nostri corpi ed i corpi degli altri e delle altre, e in ultima analisi determina che cosa ci sentiamo obbligati/e a fare e a comprare sulla base di questa percezione di noi stessi/e”.

Cioè l’industria della bellezza promuove modelli di bellezza inarrivabili, ci fa sentire inadeguati/e, e ci propone, a caro prezzo, anche la “soluzione” per avvicinarci a quei modelli – cosa piuttosto complessa, perchè a parte qualche tentativo di body positivity da parte dei brand, siamo ancora bombardate da immagini di modelle il cui corpo corrisponde ad una minoranza di donne. Il 90% delle donne a quel modello non arriverà mai, se non con la reincarnazione, forse.

E, continua la Taylor, la bellezza (o la non bellezza) viene usata come un’arma per togliere potere alle donne. Mi viene in mente Hillary Clinton, e la serie di osservazioni negative sulla sua voce, i capelli, l’abbigliamento, tutte osservazioni volte a sminuire una donna ambiziosa, preparata e capace, e a toglierle potere senza dover neppure entrare nel merito delle sue competenze e proposte.

Se guardiamo in particolare ai disturbi alimentari (in Italia si stima che siano più di 3 milioni le persone con disturbi dell’alimentazione, il 95,9% donne), il collegamento tra ideali di bellezza, corpi che rimpiccioliscono e il potere, il prendersi spazio nel mondo, è ancora più evidente.

Laurie Penny, nel suo articolo “Il mondo vuole delle donne trasparenti, lo dice con chiarezza :”Diciamo alle ragazze che non hanno il diritto di conquistarsi i loro spazi nel mondo e poi siamo confusi quando smettono di mangiare. Facciamo crescere i nostri figli in una cultura totalmente ossessionata dal controllo dei corpi femminili e poi ci stupiamo quando vogliono riprendersi parte di questo controllo tramite atti privati e violenti di ribellione passiva-aggressiva.”

Laurie Penny ne fa giustamente, una questione politica, perchè lo è. Il denaro che molte donne spendono in cosmetici (spesso inutili), il tempo passato a truccarsi, a cercare di correggere i nostri corpi, sono tutte risorse che potrebbero essere spese altrimenti. La scrittrice Zadie Smith aveva scatenato un polverone tempo fa per aver detto che le ragazze sprecano troppo tempo davanti allo specchio, affermando che aveva imposto alla figlia di 7 anni di passare allo specchio massimo 15 minuti al giorno. Le venne fatto notare che per una con il suo bellissimo viso, è facile a dirsi.

Zadie Smith a parte, questo non significa non curarsi e buttare dalla finestra il rossetto, ma fare un passo indietro, e fare attenzione a come vediamo e parliamo di noi stess* , del nostro corpo e di quello altrui, soprattutto quando abbiamo a che fare con bambini/e, e giovani: quante volte ci lamentiamo della “prova costume”, commentiamo sull’amica che è ingrassata, che non si trucca etc.?

Si tratta di disimparare molti dei condizionamenti che abbiamo ricevuto e insegnare a noi stesse e agli altri che possiamo prendere spazio, fisicamente e politicamente, senza farci condizionare da modelli di bellezza creati per farci sentire inadeguat* e piccol*: la “vergogna per il proprio corpo – afferma ancora la Taylor – è usata come un mezzo per controllare e centralizzare il potere politico”.

E questo ci riporta alla grande vulnerabilità mostrata da Ayanna Pressley, una donna afroamericana, al potere, che si mostra senza capelli, canonicamente non “bella”, ma che si prende lo spazio che le spetta e offre un modello per altre donne, affermando che in quanto donna, afroamericana, eletta al congresso, tutto quello che fa è politico, e quindi anche mostrarsi vulnerabile, senza capelli. La Pressley afferma alla fine del video che vuole liberarsi del segreto e della vergogna associata all’alopecia, e che non è qui solo per occupare spazio, ma per crearlo.

Ecco, questi sono i modelli di “bellezza” di cui abbiamo bisogno.