
Molte, troppe organizzazioni gestite da donne e che lavorano per la protezione dei diritti delle donne e ragazze in situazioni di crisi rischiano di non poter sopravvivere ai tagli dei finanziamenti dall’estero.
Lo afferma il rapporto delle Nazioni Unite At a breaking point: The impact of foreign aid cuts on women’s organizations in humanitarian crises worldwide. Secondo il rapporto, “Con solo il 7% dei 44,79 miliardi di dollari necessari per i bisogni umanitari globali garantiti, l’intero sistema umanitario è costretto a riformarsi e ridimensionarsi. Le organizzazioni locali e nazionali guidate da donne e per i diritti delle donne, e le donne e le ragazze colpite dalle crisi che assistono, sono tra le più colpite” e “Il 90% delle organizzazioni intervistate ha dichiarato di aver subito un impatto finanziario, mentre il 47% prevede di chiudere entro sei mesi se le attuali condizioni persistono.”
Si tratta di programmi che si occupano di violenza di genere, di offrire servzi a persone disabili, a comunità indigene, e a persone LGBTIQ+; in assenza di questi servizi si rischia non solo di marginalizzare ulteriormente comunità già marginalizzate, ma anche di vedere un aumento dei livelli di povertà.
In Etiopia, per esempio, la riduzione degli aiuti ha avuto in impatto articolarmente negativo per le organizzazioni che si occupano di migranti, e di persone sopravvissute alla violenza di genere. Senza adeguati finanziamenti, molte donne e ragazze sono ancora più a rischio di povertà e sfruttamento. Secondo le Nazioni Unite, in Afghanistan il blocco dei finanziamenti statunitensi “ha interrotto significativamente le operazioni umanitarie, incidendo sull’attuazione dei progetti, sul personale e sulla capacità di supportare donne e ragazze, con un impatto sproporzionato sulla partecipazione delle donne alla risposta umanitaria.” La politica scellerata di Trump, che ha di fatto chiuso l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), che finanziava gli aiuti umanitari e allo sviluppo degli Stati Uniti in tutto il mondo ha un impatto che va ben oltre le donne e le ragazze: secondo Oxfam metterebbe a rischio il diritto all’istruzione per 23 milioni di bambini/e e l’accesso all’ assistenza sanitaria per 95 milioni di persone – il che potrebbe tradursi in oltre 3 milioni di morti evitabili all’anno.
Tornando alle donne e alle ragazze, i programmi che si occupano dei loro diritti non sono mai stati particolarmente gettonati in termini di finanziamenti: nel 2017, solo il 7% delle fondazioni francesi si impegnava a sostenere donne e ragazze, e negli Stati Uniti solo l’1,6% delle donazioni totali va a loro favore. Melissa French, in un articolo pubblicato sul New York Times, ha espresso la sua frustrazione verso la poca attenzione a questi temi:
Decenni di ricerche su economia, benessere e governance dimostrano chiaramente che investire nelle donne e nelle ragazze va a vantaggio di tutti. Sappiamo che le economie a piena partecipazione femminile hanno più spazio per crescere. Che la partecipazione politica delle donne è associata a una diminuzione della corruzione. Che gli accordi di pace sono più durevoli quando le donne sono coinvolte.
Eppure, proprio in un momento in cui le donne devono affrontare le conseguenze di molteplici crisi, ancora una volta, non ci sono i soldi. Come riassume la French:
In quasi 20 anni di impegno come sostenitrice delle donne e delle ragazze, ho imparato che ci saranno sempre persone che diranno che non è il momento giusto per parlare di parità di genere. Non se si vuole essere rilevanti. Non se si vuole essere efficaci con i leader mondiali (la maggior parte dei quali sono uomini). Nel momento in cui l’agenda globale si riempie di impegni, donne e ragazze perdono terreno.
Se vuoi aggiornamenti mensili su Ladynomics, saremo molto contente di mandarti la nostra newsletter gratuita. Ti puoi iscrivere qui.
Se vuoi approfondire i temi di cui parliamo, leggi il nostro libro “Signora economia”! Lo trovi in libreria e qui