×

Vivere bene in un’economia paritaria: Rapporto 2023 sull’uguaglianza di genere nella UE

di Federica Gentile | 24 Marzo 2023

Il Rapporto 2023 sull’uguaglianza di genere nella UE è una fotografia della situazione in Europa per quanto riguarda l’uguaglianza di genere, e riporta le iniziative che sono state attivate per promuovere l’uguaglianza nei settori chiave della Strategia dell’Unione Europea:

Essere libere dalla violenza e dagli stereotipi;

– Vivere bene in un’economia paritaria;

– Avere pari posizioni di leadership nella società;

– Gender mainstreaming e finanziamento della dimensione di genere; 

– Promuovere la parità di genere e l’empowerment delle donne in tutto il mondo.

Abbiamo pubblicato un articolo sulla prima area Essere libere dalla violenza e dagli stereotipi; con questo articolo invece ci occupiamo del secondo settore chiave, e nei prossimi giorni pubblicheremo altri articoli sulle aree rimanenti. Il contenuto di questo articolo è una sintesi di quanto riportato nel Rapporto.

Il tasso di occupazione delle donne nella UE è in aumento, ma persistono barriere all’occupazione femminile che sono state esacerbate dal COVID-19: per via della pandemia, e dell’aumentato carico di lavoro domestico e di cura, le donne hanno lavorato meno ore rispetto agli uomini. Anche se i dati per il 2021 mostrano un certo recupero dei livelli pre-pandemici per l’occupazione e la crescita, restano alcuni squilibri di genere nel mercato del lavoro. 

Chiudere il divario di genere nel mercato del lavoro

La UE, con il piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali 2021 si è data l’obiettivo di dimezzare il gap di genere nell’occupazione rispetto al livello del 2019 passando da un divario occupazionale dell’11,2% nel 2019 ad almeno il 5,6% nel 2030, per raggiungere un tasso di occupazione totale del 78% entro il 2030. Poiché il divario di genere nell’occupazione è diminuito solo di 1,7 punti percentuali negli ultimi 10 anni sono necessarie politiche di ampio respiro per raggiungere gli obiettivi prefissati. 

Fortunatamente, dopo una contrazione dovuta alla pandemia, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è aumentata nel 2021 raggiungendo il 67,7 % ed i tassi di occupazione degli uomini sono tornati ai livelli pre-pandemia (78,5% nel 2021). Il divario occupazionale di genere nei paesi UE è molto variabile: nel 2021 era del’1,4% in Lituania e del 20,1% in Romania. 

Le modalità lavorative sono inoltre diverse tra uomini e donne: le donne in tutti i paesi UE tranne uno (Romania) ricorrono al part time più degli uomini, anche se dal 2019 l’incidenza del part time è in media diminuita nell’UE-27 sia per le donne che per gli uomini. 

Persiste nell’Unione europea la penalità per la maternità: avere figli/e per le donne significa avere tassi di occupazione più bassi; nel 2021, i tassi di occupazione dei lavoratori e delle lavoratrici con almeno un figlio al di sotto del di sei anni erano molti diversi: per gli uomini in media è del 90,2% contro il 67,2% per le donne. Secondo il rapporto, all’aumentare del numero di figli/e aumenta anche il divario di genere nell’occupazione; infatti nelle famiglie con più di 3 figli, meno del 60% delle madri ha un lavoro retribuito.

Anche se il telelavoro potrebbe contribuire a raggiungere l’equilibrio tra lavoro e vita privata, uomini e donne tendono ad utilizzarlo in modi diversi: gli uomini per migliorare la propria prestazione sul lavoro, mentre le donne lo utilizzano per gestire l’equilibrio tra vita e lavoro. Dati tedeschi hanno poi rilevato che gli uomini in smartworking finiscono per dedicare meno tempo ai bambin* rispetto a quando fanno lavorano in ufficio.

Anche se le donne superano gli uomini per praticamente tutte le statistiche sull’istruzione, questo non ha ancora portato all’eliminazione, o riduzione, delle disparità occupazionali e del divario retributivo di genere. Questo dipende da vari motivi, tra cui la persistenza di stereotipi di genere, la scelta del tipo di studi, e, come si è visto, il carico disuguale di lavoro domestico e di cura. 

Infatti, alla domanda sulla loro posizione riguardo all’affermazione che “il lavoro domestico dovrebbe essere condiviso equamente dai partner”, meno della metà degli uomini era fortemente d’accordo (47,3%) contro quasi due terzi delle donne (62,1%); aggiungendo quelli che erano solo “d’accordo”, le cifre raggiungono l’88 % delle donne e l’81 % degli uomini. Ma i dati sono preoccupanti per gli uomini tra i 16 ed i 24 anni: solo il 73% degli uomini è d’accordo contro l’87% delle donne della stessa età.

Inoltre, i sistemi fiscali e previdenziali in alcuni paesi dell’Unione Europea disincentivano nelle famiglie l’occupazione dei/delle partner con lo stipendio più basso – principalmente le donne – il cui reddito finisce per venire tassato di più. Questo crea una sorta di trappola che porta all’ inattività lavorativa, siccome accettando un lavoro con uno stipendio di un terzo inferiore a quello del/della partner si perde gran parte dei guadagni in tasse aggiuntive. Non solo, a volte, dati i costi per l’educazione e la cura della prima infanzia, non conviene economicamente che la persona che guadagna meno in un nucleo familiare accetti un lavoro. La cosiddetta “trappola dell’inattività” è superiore al 40 % in Lituania, Danimarca, Slovenia, Belgio, Germania, Lussemburgo e Romania. Al contrario, è inferiore al 20% in Grecia ed Estonia e inferiore al 10% a Cipro. 

Per ovviare a questa situazione e promuovere l’uguaglianza di genere, ogni anno la Commissione propone al Consiglio alcune raccomandazioni specifiche per i vari paesi affinché realizzino azioni politiche volte a rafforzare il coordinamento tra gli Stati membri in materia di politica economica, fiscale, occupazionale e sociale. Nel 2022 il Consiglio, su proposta della Commissione, ha formulato raccomandazioni sulla la parità di genere per Austria, Germania e Polonia, concentrandosi sull’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sull’offerta di educazione e cura della prima infanzia, e sulla riduzione dei disincentivi per il secondo reddito.

Combattere il divario di genere nei salari e nelle pensioni

Nella UE, il divario retributivo di genere (GPG) è al 12,7%, e implica che le donne guadagnano in media circa 87 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo. Come tendenza generale, il GPG è diminuito in tutti i paesi eccetto Ungheria, Romania e Portogallo; se il divario retributivo di genere si concentra sulla quota della popolazione che è occupata, invece il divario retributivo complessivo di genere riguarda tutta la popolazione ed è passato dal 31,1 % nel 2014 al 36,2 % nel 2018; questo dato dimostra che la media dei guadagni di tutte le donne in età lavorativa, occupate o disoccupate, erano inferiori di circa il 36% rispetto al reddito medio degli uomini.

Le differenze nei guadagni medi si accumulano nel corso del tempo e hanno come conseguenza differenze marcate nel reddito più in là nel tempo e a livello di pensioni. L’impatto sulle pensioni del divario di genere nei salari può eventualmente essere mitigato o esacerbato dalle caratteristiche del sistema pensionistico: i dati europei mostrano che il divario pensionistico si attesta a 27,1 punti percentuali nel 2021: le donne di più di 65 anni ricevono una pensione del 27% inferiore a quella degli uomini. Questo divario, per quanto in diminuzione, è un’indicazione forte dell’impatto della disuguaglianza di genere nel corso della vita delle donne. 

Di conseguenza, le donne nell’UE nel 2021 erano a più alto rischio di povertà o esclusione sociale rispetto agli uomini: 22,6% per le donne contro 20,7% per gli uomini. Questo si verifica, con divari variabili, in tutti i paesi europei, con l’eccezione della Finlandia. Anche se fortunatamente la percentuale totale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nella UE è diminuita, tra il 2015 e il 2021 le persone oltre i 65 anni è aumentata dal 20,6% per le donne e dal 14,7% per gli uomini rispettivamemte al 22,1% per le donne e 16,2% per gli uomini nel 2021. 

Tra le iniziative avviate dall’Unione Europea, nel 2022 l’UE ha compiuto un importante passo avanti sulla proposta di una direttiva sulla trasparenza retributiva, che la Commissione aveva proposto nel marzo 2021. Dopo l’adozione formale, gli Stati membri avranno 3 anni per recepire la direttiva. Con questa direttiva l’UE promuove la trasparenza per quanto riguarda le retribuzioni e i divari salariali. La trasparenza è decisiva siccome permette a chi lavora di rilevare e poter provare le eventuali discriminazioni basate sul sesso.

Con la direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita privata adottata nel giugno 2019, e che doveva essere recepita nella legislazione nazionale da parte di tutti gli Stati membri entro il 2 agosto 2022, viene introdotto il congedo di paternità, il congedo parentale per i caregivers, il diritto non trasferibile al congedo parentale e disposizioni per garantire il diritto alla flessibilità lavorativa. Tuttavia l’European Equality Law Network ha riportato che quasi la metà dei paesi dell’UE è in ritardo nell’attuazione della direttiva

Inoltre, il Consiglio dei ministri incaricato del lavoro e degli affari sociali ha adottato una

Raccomandazione del Consiglio su un reddito minimo adeguato per ridurre il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale di almeno 15 milioni. Secondo la Raccomandazione Il livello raccomandato di reddito minimo deve essere almeno equivalente alla soglia nazionale di rischio di povertà. 

Chiudere il gap di genere nella cura

E’ probabile che il divario di genere nella cura sia destinato a rimanere nel tempo: infatti il fabbisogno complessivo di assistenza a lungo termine è aumentato e chi ha bisogno di assistenza a lungo termine spesso si affida a caregivers informali (il 60 % dei quali sono donne).

Da un lato, come beneficiarie di cure, le donne hanno bisogno di cure a lungo termine più intense per periodi di tempo più lunghi siccome vivono più a lungo, ma in uno stato di salute peggiore rispetto agli uomini; tuttavia, non sono spesso in grado di permettersi queste cure, per i motivi analizzati nelle sezioni precedenti. 

Le donne sono anche sovrarappresentate tra le badanti retribuite (sono il 90% di chi lavora come caregivers). Si tratta di lavori svolti in condizioni difficili e stressanti, poco pagati e con pochi benefit. Inoltre, in quanto caregivers non retribuite, le donne tendono ad entrare ed uscire meno facilmente degli uomini dal mercato del lavoro per gli obblighi di assistenza alle persone. 

Per ovviare a questo stato di cose, nel settembre 2022 la Commissione Europea ha presentato la European care strategy con l’obiettivo di garantire servizi di assistenza di qualità, convenienti e accessibili in tutta l’UE e sostenere sia i destinatari di cura che le persone che si prendono cura di loro, professionalmente o informalmente. La strategia è stata accompagnata da

due proposte di raccomandazioni del Consiglio: una sulla revisione anticipata degli obiettivi di Barcellona per l’assistenza all’infanzia e uno sull’accesso a un’assistenza a lungo termine di alta qualità a prezzi accessibili. 

Raggiungere una partecipazione paritaria nei diversi settori dell’economia

La segregazione occupazionale di genere si riferisce al fatto che uomini e uomini sono distribuiti/e in modo disuguale tra settori ed occupazioni; si tratta di un fenomeno legato al persistere di stereotipi di genere, che possono influenzare le scelte in termini di occupazione e e di percorsi universitari per donne e uomini. 

La segregazione occupazionale contribuisce inoltre al divario retributivo di genere e può a sua volta rafforzare gli stereotipi di genere; inoltre, una minore partecipazione di un genere in un settore economico ha effetti importanti. Per esempio, nel campo della sicurezza, nelle discussioni sui conflitti armati, le donne non sono prese in considerazione, anche se subiscono gli effetti più pesanti dei conflitti armati. Le donne sono anche poco rappresentate nei settori importanti per la transizione ecologica, come i settori dell’energia, dei trasporti e delle costruzioni. In Europa nel 2021 l’indice di segregazione era in media del 19% per settore e del 25% per occupazione – dati praticamente identici al 2010. 

Le politiche nazionali che affrontano maggiormente il problema della segregazione nel mercato del lavoro tendono ad attirare più donne in settori come le STEM e ICT, ma non si concentrano su attrarre più uomini in settori che vengono considerati più “femminili” probabilmente perchè richiederebbe un miglioramento delle condizioni di lavoro e della remunerazione per questi settori. A livello dell’ Unione Europea, il Programma Decade Policy 2020 punta a raddoppiare il numero di professionisti ICT da 9 a 20 milioni grazie anche ad un maggiore accesso delle donne in questo campo; il relativo piano d’azione per l’educazione digitale, che ha l’obiettivo di migliorare la competenza digitale e imprenditoriale di ragazze e donne, include un programma di apprendimento online gratuito (Girls Go Circular) che è già stato utilizzato da 20 000 ragazze e si punta a raggiungerne 40 000 entro il 2027.

Tra le varie iniziative attivate dalla UE ci sono Supernovas, dedicato all’imprenditoria femminile, e il progetto pilota GEM- Empower Girls to Abbrace their Digital and Entrepreneurial Potential che ha attivato due campi estivi in 10 paesi e ha istituito una rete europea di scuole GEM, università, istituti di istruzione superiore, imprese, ONG, fornitori di istruzione (non formale), ministeri, comuni e centri di ricerca STEM/educativi con cui scambiare le migliori pratiche e sostenere le ragazze nell’istruzione, negli studi e nelle carriere STEM. La Commissione ha anche sponsorizzato WEgate, una piattaforma europea che aiuta a creare reali opportunità per le donne di fare impresa, ampliare la propria rete e, per raggiungere il loro potenziale anche grazie ad attività di mentorship. 

Ti piace quello che scriviamo? Allora iscriviti alla nostra Newsletter qui.

Immagine: foto di Rendy Novantino su Unsplash