Che sia la rabbia l’ultimo tabù che ci tocca abbattere? Me lo son chiesto all’indomani dell’esplosione del #metoo, dove, su vari media italiani, mi è caduto l’occhio sull’espressione “gogna all’americana” o “caccia alle streghe” riferita alle conseguenze delle accuse di molestie mosse a vari personaggi di spicco.
Intendiamoci, nessuno sta crocifiggendo sulla pubblica piazza presunti molestatori e stupratori, anche se alcuni stanno perdendo il lavoro. Ultimo in ordine di tempo – almeno negli USA – Matt Lauer, un conduttore televisivo che tra l'altro intervistò la Clinton ai tempi della campagna elettorale e probabilmente ha anche dato il suo piccolo contributo ad affossarla.
C’è pero’ una certa rabbia che serpeggia. Uma Thurman, augurando a tutti buon Thanksgiving ha detto la sua su Harvey Weinstein, dando l’impressione non solo di trattenere a stento un vero furore, ma anche di avere in serbo qualche rivelazione nei confronti del produttore cinematografico.
E giusto per mettere una ciliegina sulla torta, aggiungo che mentre qualche testa cade, mentre le persone dell'anno per Time Magazine sono coloro che hanno rotto il silenzio e lanciato il #metoo, il molestatore in capo – Donald Trump – rimane al suo posto, con la complicità di una pletora di politici che stanno facendo la guerra alle fasce più deboli della popolazione, tra cui le donne. Non solo, un aspirante senatore che da giovane ha molestato delle ragazzine e’ allegramente sostenuto dal partito repubblicano, perche’ tanto e’ “storia vecchia”.
Tuttavia mi pare che questo timore della gogna e della caccia alle streghe sia collegato alla inaccettabilita' della rabbia quando viene espressa dalle donne; la rabbia per le donne è ancora un sentimento tabù in generale, non solo riferito al #metoo. Non a caso, negli USA viene perpetuato lo stereotipo della “angry black woman” contro cui persino Michelle Obama ha dovuto misurarsi.
Giusto per restare in ambito politico, Hillary Clinton ha dovuto nel corso della sua campagna elettorale moderare tono e risposte di fronte ad attacchi gretti ed ingiustificati, per non essere considerata "arrabbiata" o “troppo aggressiva” e così perdere voti. Tutto ciò accadeva quando il suo avversario incitava alla violenza, prendeva per i fondelli persone disabili e definiva i messicani come “stupratori”.
Vogliamo poi parlare dello stereotipo – questo internazionale - della femminista "acida ed incazzata" riferito a qualunque donna che osi non fare lo zerbino ed esprimere un’opinione personale?
E poi una non si deve incazzare.
Vero è che le donne sono mediamente socializzate ad essere accoglienti, e a non essere
aggressive, a far buon viso a cattivo gioco. Come scrive Lindy West sul New York
Times: "Non solo ci si aspetta che le donne affrontino la violenza sessuale e di genere, la
discriminazione sul posto di lavoro, la subordinazione all'interno delle istituzioni, il lavoro
domestico non pagato, la colpevolizzazione anche quando sono vittime, e tutte le piccole cose
che ci ostacolano ogni giorno, ma non abbiamo neanche il diritto di arrabbiarci ".
Esiste invece un diritto alla rabbia, ed e’ un diritto delle donne. E' ora che lo esercitiamo,
liberamente. Se non siamo arrabbiate vuol dire che non abbiamo chiara la situazione di
costante oppressione e discriminazione in cui moltissime donne vivono la loro vita.
Arrabbiarsi a questo punto vuol dire opporsi all'ingiustizia.
Al momento ci sono 100 anni – 100! – tra noi e la parità di genere. Vale la pena arrabbiarsi.
E trasformare la rabbia in attivismo, puttosto che in rancore. Non c’e’ da reinventare la ruota,
sono decadi che il movimento femminista si spende sui temi della violenza di genere, sulla
discriminazione sul posto di lavoro, ed in generale sulla disuguaglianza di genere e sulle sue
conseguenze.
Le donne che hanno rotto il silenzio non lo hanno fatto all'improvviso, il #metoo e' un movimento che rompe con decadi, o meglio secoli di sopportazione di molestie e comportamenti inappropriati sul luogo di lavoro e fuori. Se per le star di Hollywood e' stato difficile rompere il silenzio, possiamo immaginare quanto lo sia per chi ha meno potere. Per le cameriere, per le contadine. A volte denunciare un sopruso vuol dire mettere a rischio uno stipendio gia' misero e la sopravvivenza di una intera famiglia.
Peraltro, non e’ che i molestatori seriali o chi discrimina in generale non sappiano che si stanno
comportando male. E’ ora che soprattutto gli uomini si prendano le loro responsabilita’. E’ ora
che facciano sentire la loro voce come alleati, che – dalla posizione di potere che in generale
occupano rispetto alle donne - si sottraggano agli stereotipi che vogliono il maschio come
quello che ci prova, il vero uomo come uno che "non deve chiedere mai". E’ ora che tra amici si
blocchino sul nascere i commenti pesanti nei confronti delle donne.
Ci vuole un nuovo modello di mascolinita’.
E’ ora che esaminiamo le nostre dinamiche familiari, per vedere che modelli di comportamento
proponiamo a bambini e bambine, dato che e’ proprio nelle famiglie che si impara a non rispettare le donne ed il loro lavoro; e’ ora che esaminiamo quelle che sono le nostre complicita’ quando non parliamo, non critichiamo per non passare per dei o delle rompiballe.
E’ ora che sosteniamo attivamente iniziative nelle scuole per educare alla media literacy, che richiediamo a gran voce ai media di smettere di rappresentare le donne come oggetti sessuali o come casalinghe frustrate (Penso a te, Pandora).
E’ ora che le donne siano piu’ presenti in politica, o meglio, ovunque si prendano decisioni.
Chiediamoci anche perche’ ci preoccupiamo tanto della gogna e della caccia alle streghe di
tutto sommato pochi individui quando la vittimizzazione e discriminazione delle donne e’ cosi’
diffusa. Perche’ ci preoccupiamo dell' eventuale redenzione di chi ha sbagliato quando “siamo
esattamente in mezzo al momento di salvezza per le donne? Neanche in mezzo, ma proprio
all’inizio. Perche’ siamo obbligate a preoccuparci delle carriere degli uomini quando abbiamo
appena iniziato a raccontare le storie che ci hanno perseguitato per tutta la vita”?
Non verso nessuna lacrima per qualche uomo potente a Hollywood (o altrove) stigmatizzato
per comportamenti inappropriati nei confronti delle donne. Tutti, da Hollywood in giu' hanno approfittato e beneficiato di un sistema “truccato” a loro favore da troppo tempo.
Adesso e’ per loro il momento di affrontare le conseguenze di determinati comportamenti, e per noi, di mettere a frutto la nostra rabbia.