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Il Nostro Manifesto

Hillary scende in campo (e fa piangere le bambine) 

12/4/2015

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Insomma, secondo i critici la Clinton al di là della retorica non è quella campionessa dei diritti delle donne che si vuole far credere ed è l’emblema di un femminismo che è stato definito “aziendale”, vale a dire connivente con il neoliberismo, concentrato sul soffitto di cristallo mentre il resto della baracca sprofonda. 

Hillary Clinton non e' una rivoluzionaria - ed anni e anni passati negli ingranaggi del potere non l’hanno sicuramente radicalizzata. Obama è partito da posizioni più radicali e su molto ha dovuto fare grandi compromessi. La Clinton parte da posizioni ben più moderate e - data per scontata la volontà di mettere i diritti delle donne al centro del dibattito economico e politico – spero comunque che al di là delle sue contraddizioni voglia e riesca a realizzare molto in questo campo. 

Infine, qualunque cosa succeda in questa campagna elettorale è però certo che i media la attaccheranno non solo per le sue reali o immaginarie mancanze, ma in quanto donna. I media la attaccheranno per il suo ruolo di nonna, le rughe, i problemi di salute, il vestito mal scelto. Le verrà sicuramente fatto il pelo e contropelo come non si fa ai candidati uomini e non avrà il diritto, garantito a tanti – alla mediocrità. In generale, le donne a cui piace avere e usare il potere non piacciono. Troppo spesso neanche alle donne stesse.

Ripenso all’obamiana di casa, che come cittadina USA di tre anni sa di avere un presidente afroamericano e – tenendo le dita incrociate - vedrà la prima presidente donna degli USA nel suo quarto anno di vita. C'e' di peggio, no? Tipo l'Italia. 

E dunque, noi, nel profondo Midwest americano, siamo pronte. Quindi go, Hillary go!
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Federica Gentile
Tempo di lettura: 2 minuti

Tutta tranquilla scrivevo il mio post su Gandhi, casalinghe e vodka, quando TA-DAN la Hillary decide che proprio questa domenica avrebbe aperto la sua campagna elettorale. Mollo tutto e mi attacco a You Tube, (vedi video sopra) mentre mia figlia di 3 anni, saputo che “quella signora” in video sarà – se siamo fortunate - la prossima presidente degli USA, si è messa a piangere dicendo: “Voglio Obama”.

Eh. Almeno il melodramma italiano nel sangue resiste.

Ma a parte far piangere una treenne, la Clinton si è presentata come campionessa dell’americano/a medio/a. Quanto farà presa questo tema sul cittadino/a USA è da vedere: Hillary, così come il marito, non è che proprio facciano pensare ad una coppia con cui farsi una grigliata e bersi una birra senza impegno.

A me pero' interessa parlare di questioni di genere e sarà interessante vedere quale posto le “women’s issues” occuperanno nella sua campagna - la maggioranza di donne nel suo video di lancio fa ben sperare.  Riguardo alla sua candidatura nel 2008 la Clinton dichiarò: “Non mi candido come donna. Mi candido perché credo di essere la persona più qualificata ed esperta”.  Nel 1995 aveva però fatto storia con il discorso a Pechino sostenendo che women’s  rights are human rights  (i diritti delle donne sono diritti umani) e dal 2008 in poi non solo ha dato ampia visibilità alle questioni di genere ma è anche stata considerata come paladina dei diritti delle donne e ultimamente anche della comunità LGBT.

Questa fama ha però un fondamento solido? Se lo chiede Jacobin Magazine in un lungo articolo intitolato “Hillary Clinton’s empowerment” ricordando per esempio che dal 1986 al 1992 la Clinton è stata nel consiglio di amministrazione di Walmart, catena di grandi magazzini molto nota per il suo scarsissimo rispetto dei diritti  di lavoratori e lavoratrici e la cui forza lavoro è costituita per il 57% da donne. Nel corso di quegli anni non intervenne mai per ovviare alla situazione. Anzi, sottolinea il Jacobin “le politiche di economia neoliberale di austerity e di privatizzazione [che la Clinton ha sostenuto] hanno avuto un impatto sproporzionato sulle donne e individui LGBT, che sono i meno pagati ed i primi ad essere licenziati”.

Come segretaria di Stato dichiarò in una intervista di voler incentrare la politica del dipartimento di Stato sui diritti delle donne: “Sto lavorando duramente per integrare i diritti delle donne come pilastro della nostra politica estera.” Un approccio sicuramente innovativo rispetto a chi la aveva preceduta - e non immune da una retorica un po’ paternalistica nei confronti delle donne del Sud del mondo “bisognose” di essere salvate - ma che è stato anche accompagnato da decisioni di politica estera – non solo sue, sicuramente – che hanno creato le condizioni per un peggioramento della condizione di uomini e donne in alcune aree del mondo.

Per quanto riguarda poi la salute riproduttiva, pur sostenendo l’accesso all’aborto – minacciatissimo negli USA -  la Clinton abbraccia la posizione dei democratici a favore di un “aborto sicuro e raro” che da alcuni  viene visto come colpevolizzante e poco coraggioso. Katha Pollitt nel suo discusso libro Pro ne parla ampiamente, invitando i democratici  e l’intera società a normalizzare l’aborto come una componente della vita riproduttiva delle donne che può avere conseguenze positive a livello sociale.
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