Giovanna Badalassi
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Adattamento dell’articolo “Salute: bisogni diversi e risposte su misura” comparso su Noi donne l’8 settembre 2014
Se non ci sono più mezze stagioni e non c’è più il tempo di una volta, su una cosa vi è ancora una certezza granitica: tra dicembre e febbraio si scatena ogni tipo di virus influenzale. Noi donne siamo in trincea in questo periodo: come pazienti, come anziane a rischio, come caregiver di figli, mariti, genitori ecc.
Quale migliore occasione per riflettere sul nostro ruolo nelle politiche sanitarie?
Questo aspetto, che si può considerare un meritevole traguardo in termini di benessere, richiede però un impegno crescente in termini di politiche sanitarie, messe a dura prova dall’invecchiamento della popolazione e dalle inefficienze del sistema. Occorre dunque anche in questo campo un maggiore impegno nell’innovazione delle politiche e dei servizi, che vanno tarati sui diversi bisogni dei pazienti, a partire dalle differenze tra donne e uomini.
Dal punto di vista strettamente sanitario la medicina di genere in questi ultimi anni sta conoscendo un crescente interesse. Se alcune patologie legate agli organi della riproduzione sessuale, quali ad esempio i tumori alla prostata o al seno, sono palesemente sessuate, per le altre patologie si comincia ad essere sempre più consapevoli delle differenze.
In una concezione estesa di cura, occorre infatti ricordarsi che le donne, in qualità di principali caregiver nelle famiglie, rappresentano delle ottime alleate del sistema sanitario.
Attività ancora oggi soprattutto femminili quali l’alimentazione, l’accudimento o la prevenzione dei pericoli, rappresentano dei determinanti fondamentali per il benessere e la prevenzione. Sono inoltre quasi sempre le donne nelle famiglie a svolgere una prima forma di triage nella valutazione della gravità dei sintomi, a somministrare le medicine, ad accompagnare i familiari a esami e visite specialistiche, a prestare assistenza nelle dimissioni post-ospedaliere. Ricordarsi di questo aspetto è fondamentale non solo per ottenere un giusto riconoscimento sociale.
Nei prossimi anni il ruolo di caregiver delle donne sarà sempre più critico, sia per il maggiore impegno femminile nel lavoro retribuito, sia per l’incremento del carico di cura, dovuto all’invecchiamento della popolazione: se nel 1971 (dati Istat) in Italia ogni 100 donne in età attiva 15-64 anni c’erano 36,9 tra bambini (0-4 anni) e anziani (over 75), si prevede che entro il 2021 ce ne saranno 49,2. Guardando invece alle donne come pazienti, occorre ricordare alcuni importanti fattori sociali che incidono sulla tutela della loro salute, quali ad esempio la fragilità economica e sociale delle donne anziane, e il grave fenomeno della violenza sulle donne.
Dal punto di vista dei comportamenti, una lettura di genere mette invece l’accento sulle criticità maschili relative ad una scarsa capacità di prendersi cura di sé. Gli uomini sono infatti maggiormente soggetti a fenomeni di dipendenza sia da alcool che da droghe, fumo o cibo, sono meno propensi a svolgere azioni di prevenzione e adottano comportamenti maggiormente a rischio della propria salute.
Combinando fattori biologici, sociali e comportamentali, il risultato complessivo, come si è visto, rimane quello di una maggiore longevità delle donne, e di una criticità maschile in termini di salute che rende gli uomini over 60 principali utenti del servizio sanitario, mentre le donne sono le principali utenti solo nelle fasce di età legate alla maternità.
Se per gli uomini il bisogno di cura si esprime quindi soprattutto in ambito sanitario, per le donne è maggiore il bisogno di cura nell’ambito di una dimensione assistenziale, sia come utenti primarie, che secondarie, in qualità di donne caregiver. Il 75% degli ospiti nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari sono infatti donne, mentre più del 70% delle famiglie con almeno una persona con limitazioni funzionali non usufruisce di alcun tipo di assistenza domiciliare, né privata né pubblica (Istat, Censimento 2011).
La storica debolezza delle politiche sociali in Italia può in parte essere spiegata, quindi, anche con l’elevato livello di femminilizzazione della loro utenza.
Per una migliore tutela della salute di tutti, è quindi sempre più importante valorizzare l’approccio di genere nelle politiche pubbliche, considerando le differenti esigenze di cura delle donne e degli uomini e rendendo sempre più equilibrate e integrate le aree di intervento sanitarie con quella socio-assistenziali.